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Dove la magia è amore universale, umiltà e ascolto...la magia svelata, per il benessere dell'anima.E' come se in un attimo sbocciasse la vita, laddove prima c'erano solo silenzio ed immobilità.
 
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 AGOSTINO AURELIO

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MessaggioTitolo: AGOSTINO AURELIO   AGOSTINO AURELIO EmptyDom Giu 17, 2012 9:59 am

Dottore della Chiesa latina (con Ambrogio, Girolamo e Gregorio Magno) e Santo (354-430). Nato a Tagaste, in Numidia (Algeria) dal pagano Patrizio e dalla cristiana Monica, fu iscritto ai catecumeni. Dedicatosi agli studi di retorica, si trasferì a Cartagine (370), dove convisse con una ragazza da cui ebbe un figlio (372), Adeodato. Indirizzato alla filosofia dalla lettura dell’Hortensius di Cicerone, aderì al manicheismo, in cui intravide una credibile spiegazione scientifica dell’universo e che avrebbe seguito per nove anni. Aprì una scuola di retorica a Tagaste e poi a Cartagine ed affrontò il problema della sapienza predicata dai manichei, che "promettono ragione e chiedono fede". Fu determinante un incontro con il vescovo manicheo Fausto, che lo deluse non rispondendo alle sue obiezioni. Infatti da allora iniziò il distacco di Agostino dal manicheismo. Trasferitosi poi a Roma (383), si dedicò all’insegnamento della retorica e dello scetticismo. Dal prefetto Simmaco ottenne la nomina di professore a Milano (384), dove fu ben accolto da Ambrogio. Qui iniziò una nuova vita insieme alla sua donna ed alla madre. Per due anni seguì le prediche di Ambrogio e maturò la propria crisi spirituale, a causa della quale decise di rimanere catecumeno. Persuaso dalla madre Monica, rinunciò con estremo dolore alla concubina che ritornò in Africa, rifiutò un matrimonio vantaggioso propostogli dalla madre stessa ma, trascinato dall’abitudine, ritornò al vizio. Riprese la ricerca filosofica e finalmente la lettura di San Paolo gli rivelò Cristo e la sua Grazia. Lasciata la cattedra, si ritirò a Cassiciaco (Cassiago, in Brianza), dove iniziò a scrivere i Dialoghi. Tornò poi a Milano, dove fu battezzato da Ambrogio. Ripartì per l’Africa, ma la morte della madre ad Ostia (387) lo richiamò a Roma, dove trascorse l’inverno, iniziandovi le Retractationes. Tornato a Tagaste (388), tentò con alcuni amici un esperimento di vita monastica in comune. Recatosi ad Ippona (391) fu, per acclamazione popolare, ordinato sacerdote dal vescovo Valerio, di cui divenne coadiutore e che lo consacrò poi vescovo (395), nominandolo suo successore. Per 35 anni Agostino svolse le funzioni episcopali, senza mai rinunciare alla vita monastica, continuando la predicazione, le discussioni pubbliche, gli innumerevoli scritti, ma specialmente le polemiche contro manichei e donatisti, pagani e giudei, priscillanisti e pelagiani. Durante l’assedio di Ippona da parte dei Vandali morì (28.8.430), interrompendo l’ultima sua opera: "Opus imperfectum contra Julianum". I suoi resti, portati in Sardegna da San Fulgenzio ed altri vescovi profughi, furono riscattati, dopo l’invasione saracena dell’isola, da Liutprando re dei Longobardi e tumulati nel monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia. L’attività letteraria di Agostino è semplicemente eccezionale. Può essere considerato uno degli scrittori più colti, più fecondi e più profondi di tutti i tempi. Oltre le opere maggiori, ci sono pervenuti più di 500 sermoni e 218 lettere (di cui 53 indirizzate a se stesso), tanti piccoli trattati in forma epistolare. Sono quattro le opere che eccellono per profondità di dottrina, per perfezione letteraria e per la viva attualità conservata attraverso i secoli: "Confessiones" (Le confessioni), "De doctrina christiana" (La dottrina cristiana), "De civitate Dei" (La città di dio) ed il "De Trinitate" (Trattato della Trinità). La copiosa produzione di Agostino può essere classificata secondo cinque gruppi di argomenti:

1) Opere autobiografiche: Confessiones (398-400), 13 libri in cui narra l’esperienza psicologica e religiosa personale; Retractationes (Ritrattazioni, 426-428), 94 opere in 232 libri, che sono le sue confessioni intellettuali unite ad una vasta revisione delle opere precedenti.

2) Opere polemiche, generalmente occasionali: a) contro i manichei: 13 opere fra cui De vera religione (391), Contra Adimantum Manichaei discipulum (394), De libero arbitrio (395), De natura boni (399), Contra Faustum manichaeum (404); b) contro i donatisti: 7 scritti, fra cui De baptismo contra donatistas (400), Contra Gaudentium donatistarum episcopum (420); c) contro i pelagiani ed i semipelagiani: 14 scritti, preminenti nell’attività polemica di Agostino, fra cui De peccatorum meritis et remissione et de baptismo parvulorum (412), De natura et gratia (415), De gratia Christi et de peccato originali (418), De praedestinatione sanctorum (428), De dono perseverantiae (429).

3) Opere esegetiche, di cui le più note sono: De doctrina christiana (397-426), 4 libri sull’interpretazione della Sacra Scrittura: De Genesi ad litteram (491-415), in 12 libri; De consensu evangelistarum (400), in 4 libri; numerosi commenti a San Paolo, San Giovanni ed a vari passi evangelici: molto noti sono il De sermone Domini in monte, e moltissimi sermoni pastorali, fra cui: Enarrationes in psalmos.

4) Opere dogmatiche, di cui le fondamentali sono: De Trinitate (400-416), in 15 libri; De civitate Dei (413-427), in 22 libri.

5) Opere morali ed ascetiche, in cui Agostino presenta una spiritualità per ogni stato di vita: De bono coniugali (401), De bono viduitatis (404) ed altre opere dedicate ai catecumeni, a monaci e monache, ecc.

6) Dialoghi, nei quali Agostino sfugge ad una classificazione esatta, poiché di natura filosofica, ma con carattere autobiografico: Contra academicos, De beata vita, Soliloquia, De immortalitate animae e vari altri minori composti, quasi tutti prima del suo battesimo a Cassiciaco ed a Milano.

L’opera filosofica di Agostino costituisce una sintesi organica del pensiero cristiano dopo più di quattro secoli di dibattiti e di controversie. Il tema centrale per il quale è ritenuto il punto d’arrivo e l’espressione più profonda ed originale di tutta la patristica è l’elaborazione del rapporto tra ragione e fede, tra ricerca filosofica e rivelazione divina, che sarà di modello per tutta l’epoca seguente: la filosofia non è il dato esterno della tradizione, ma la ricerca, l’ansia di sapere. Come non ha senso una fede che ripudia la ragione, così non ha senso una ricerca razionale che non sia fede, nella misura in cui essa è movimento dal dubbio verso la certezza. La via che conduce alla verità passa attraverso il dubbio e l’esercizio scettico diventa così momento positivo e decisivo; quest’aspetto fornisce un singolare tono di modernità alla sua filosofia. L’argomento dei primi dialoghi scritti dopo la conversione è la verità. Nel Contra academicos Agostino confuta il dubbio radicale dello scetticismo tradizionale, affermando che il dubbio stesso è certezza e che il dubitare indica anzi la possibilità di arrivare alla verità. Su questa base, egli identifica poi l’infelicità con la mancanza del sapere (De via beata), sostiene la razionalità dell’universo nonostante l’apparente mutevolezza (De ordine), l’abbandono delle passioni sensibili come condizione per aspirare alla verità (Soliloquia), ed afferma infine l’importanza centrale dell’anima come luogo della verità (De immortalitate animae). A partire dal De vera religione, Agostino avvia la trattazione dei grandi temi della sua filosofia. Qui, operando una sintesi tra cristianesimo e neoplatonismo, formula il suo credo filosofico: "Non uscire da te, ritorna in te stesso; nell’interno dell’uomo abita la verità, e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso". In seguito, negli scritti contro la dottrina di Pelagio, Agostino sviluppa il rapporto tra anima e Dio, portando a maturazione il problema della trascendenza della verità che si annuncia nell’anima, sviluppando in modo particolare le tematiche della grazia e della libertà. Contro la predestinazione, afferma la possibilità dell’anima, dotata d’intelligenza, di memoria e di volontà, di liberarsi dalle passioni corporali, e salire così alla verità divina. Ma tale libertà resta un dono divino, una grazia elargita dal cielo. Dio, che pure non predetermina la scelta che resta affidata all’uomo, conosce però in precedenza se l’anima potrà o non potrà salvarsi. Quanto al male, esso non si contrappone al bene come sostiene il manicheismo, ma è una mancanza del bene, legato alla corruttibilità ed alla falsa immaginazione dell’uomo, il quale non sceglie tra male e bene, ma tra la possibilità di fare o non fare il bene. Riguardo alla creazione, la conclusione fondamentale della filosofia agostiniana è che non ha senso parlare di un prima o di un dopo, e quindi porsi il problema della relazione tra la perfezione divina e la creazione. Infatti la creazione porta con sé la temporalità ed il rapporto passato-presente-futuro si caratterizza come aspetto proprio dell’anima umana. La dimensione di Dio è sovratemporale e, dal suo punto di vista, per noi incomprensibile, la creazione è ab eterno. Il De civitate Dei, scritta tra il 413 ed il 426, è la sua ultima opera importante, in cui elabora una teoria della provvidenza come disegno divino, che si sviluppa all’interno della storia umana. Fin dall’origine alla città dello spirito, o città di Dio, si contrappone la città della carne, o città di Satana; nella prima l’uomo aiuta il suo simile, ed aspira alla gloria divina; nella seconda trionfa l’ambizione e l’uomo aspira al dominio materiale. Le due città combatteranno sino alla fine del mondo, ma la città di Dio finirà per prevalere, come aveva intravisto Platone. Ciò non significa che la comunità cristiana debba distaccarsi dalle cose del mondo, anzi è compito dei cristiani costruire una nuova società senza barriere di lingua e di costumi, che non si confonderà con gli stati della storia temporale, ma formerà, accanto ad essi, uno stato superiore perché spirituale. In questa teoria, che avrà notevole peso sulle elaborazioni successive, è prefigurata chiaramente la dottrina della supremazia teocratica del papato.
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