DolceLuna Team
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| Titolo: L'ARRIVO DELLA NAVE Dom Lug 17, 2011 12:54 pm | |
| Almustafa, il prescelto e l'amato, che fu come un'alba nel suo giorno, aveva atteso dodici anni nella città di Orphalese che la sua nave tornasse per ricondurlo all'isola natale. E nel dodicesimo anno, il settimo giorno di Ielool, il mese delle messi, salì sulla collina fuori le mura della città e guardò il mare; e vide la nave venire nella nebbia. Allora gli si aprirono le porte del cuore, e la sua gioia volò lontano sul mare. E chiuse gli occhi e pregò nei silenzi dell'anima. Ma mentre discendeva la collina, fu invaso dalla tristezza, e pensò nel suo cuore: Come andarmene in pace e senza pena? Ahimè, non senza una piaga nello spirito lascerò questa città. Lunghi furono i giorni di dolore vissuti dentro le sue mura, e lunghe furono le notti in solitudine; e chi può lasciare il suo dolore e la sua solitudine senza rimpianto? Troppi brandelli dello spirito ho seminato in queste vie, e troppi figli del mio anelito camminano nudi fra queste colline, e io non posso staccarmene senza un peso e un dolore. Non è un vestito che mi tolgo, quest'oggi, ma una pelle che strappo con le mie proprie mani. Né è un pensiero che lascio dietro di me, ma un cuore addolcito dalla fame e dalla sete. E tuttavia non posso trattenermi più a lungo. Il mare che chiama a sé tutte le cose mi chiama, e io devo imbarcarmi. Perché restare, sebbene brucino le ore della notte, è gelare e diventare cristallo, ed essere fissati in uno stampo. Vorrei prendere con me tutto quello che è qui. Ma come potrò farlo? Una voce non può trascinare la lingua e le labbra che le diedero le ali. Da sola, deve cercare l'etere. E sola e senza il nido dovrà volare l'aquila nel sole. Così, quando ebbe raggiunto i piedi del colle, si volse ancora verso il mare, e vide la sua nave approssimarsi al porto, e a prua i marinai, uomini della sua patria. E la sua anima gridò loro e disse: Figli della mia antica madre, oh voi cavalieri dei flutti, Quanto spesso veleggiaste nei miei sogni. E ora arrivate al mio risveglio, che è il mio sogno più profondo. Sono pronto a partire, e la mia brama, le vele già spiegate, è in attesa del vento. Solo un'ultima volta respirerò in quest'aria immobile, un solo sguardo d'amore volgerò ancora alle mie spalle. E poi sarò tra voi, un navigante fra i naviganti. E tu, mare immenso, madre insonne, Che sola sei pace e libertà per il fiume e il ruscello, Solo un'ultima curva avrà questo ruscello, solo un altro mormorio questa radura, E poi verrò da te, goccia senza confini all'infinito oceano. E mentre andava, vide da lungi uomini e donne che lasciavano i campi e le vigne e si affrettavano verso le porte della città. E udì le loro voci dire il suo nome, e gridare di campo in campo annunciando uno all'altro l'arrivo della nave. Ed egli disse a se stesso: Il giorno della separazione sarà il giorno del raduno? E si dirà che la mia sera fu in realtà la mia alba? E che cosa darò a chi ha lasciato l'aratro in mezzo al solco, o ha fermato la ruota del torchio? Diventerà il mio cuore un albero carico di frutti che io possa cogliere e donare? E i miei desideri scorreranno come una fontana per riempire le loro tazze? Sono io un'arpa che la mano del maestro può pizzicare, o un flauto che il suo fiato può attraversare? Io sono un cercatore di silenzi; e quali tesori ho trovato nei silenzi che possa dispensare con fiducia? Se questo è il giorno del mio raccolto, in quali campi ho seminato, e in quali stagioni dimenticate? Se è proprio questa l'ora di alzare la mia lanterna, non è mia la fiamma che vi arde. Vuota e buia alzerò la mia lanterna, Ed il guardiano della notte dovrà riempirla d'olio e dovrà anche accenderla. Queste cose egli disse con parole. Ma nel suo cuore molto restò taciuto. Perché egli stesso non poteva esprimere il suo segreto più profondo.
(IL PROFETA - GIBRAN) | |
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