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Dove la magia è amore universale, umiltà e ascolto...la magia svelata, per il benessere dell'anima.E' come se in un attimo sbocciasse la vita, laddove prima c'erano solo silenzio ed immobilità.
 
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 08 DICEMBRE 2015

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MessaggioTitolo: 08 DICEMBRE 2015   08 DICEMBRE 2015 EmptyMar Dic 08, 2015 9:28 pm

PREGHIERA DI NATALE

TI PREGO, MARIA
(Preghiera di Natale e dell'Avvento)


Ti prego, Maria, per tutti i ragazzi
che stasera hanno voglia di piangere
perché non hanno affetto,
perché non hanno nessuno
che dia loro la buona notte
e li inviti a dormire tranquilli.
Ti prego, Maria, per tutti gli orfani,
per tutti i ragazzi abbandonati dai genitori,
per quelli che, per qualsiasi motivo,
vivono lontani dalla famiglia.
Ti prego, Maria, per i ragazzi che oggi sono stati malati.
Per quelli che sono stati sfruttati.
Per quelli che, invece di giocare e studiare
sono costretti a lavorare.
Ti prego, Maria, per i ragazzi disabili
e per coloro ai quali anche oggi
il giorno è sembrato lungo e noioso.
Ti prego, Maria.
Amen.


IMMAGINE DI NATALE


08 DICEMBRE 2015 Nativi10


LA VEGLIA DI NATALE


UN’ALTRA VEGLIA DI NATALE DELLA PARROCCHIA DI SAN MICHELE ARCANGELO

Primo momento - E’ NATALE: DIO CERCA CASA NELLA NOSTRA VITA

Dio oggi cerca casa: è l’annuncio meraviglioso del Natale. La cerca proprio in questo nostro mondo, nella nostra comunità cristiana, in ognuno di noi, perché ciascuno trovi in Lui la propria casa. Per Natale abbiamo ornato e abbellito le nostre case. Qualcuno questi giorni ha fatto il presepio, qualche altro l’albero. Proviamo in queste festa a rendere più accogliente anche il nostro cuore. Non occorre fare tante cose: basta dar voce alla nostalgia di Dio che c’è dentro di noi. Che poi è la nostalgia di amare ed essere amati, il bisogno di vita che c’è in ognuno. Dio non ha bisogno che il nostro cuore e quello della comunità cristiana, siano lussuosi: è abituato alle case della povera gente e non ha paura della nostra povertà. Per quanto profonda sia la nostra lontananza e grande il nostro peccato, non c’è abisso che non possa essere colmato dal Signore. Dio cerca casa nella nostra vita, per dirci che vale la pena di sperare ancora.

Canto: E sono solo un uomo
Venendo tra di noi, Dio dice ad ognuno che quando creava questo mondo pensava proprio a lui, e lo ha fatto come un’opera d’arte. Proprio ad ognuno. A chi la vita in apparenza - ma solo in apparenza - ha regalato meno possibilità, e a chi invece sembra aver ricevuto molto o tutto. A chi vive contento e a chi invece oggi è triste. Non c’è uomo, su questa terra, che non sia infinitamente amato da Dio e per questo - tante volte solo per questo - prezioso ed insostituibile. E’ questo il grido di speranza che si è udito duemila ani fa a Betlemme, e non ha mai cessato di farsi sentire a chi sa ascoltare col cuore. A noi cristiani il bambino di Betlemme affida il compito di “passare parola”, perché molti si accorgano che vale la pena di sperare ancora.

Salmo 139

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.
Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
Se dico: «Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte»;
nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

Canto: Grandi cose

Secondo momento - L’AMORE AL CENTRO DI OGNI NOSTRA VERA ATTESA


La nostra vita è fatta di tante attese: piccole e grandi speranze. Speriamo che non ci manchi la salute, che i nostri figli riescano in quello che fanno, che il lavoro vada bene. Ma che cosa c’è al centro di ogni nostra autentica attesa? Al centro di ogni vera attesa c’è un bisogno di amore. Tra tutte le attese che nascono dall’amore, c’è n’è una di straordinaria, che cambia la vita: è l’attesa di una madre, di un padre, ai quali sta nascendo un figlio.

Canto: Maria, tu che hai atteso nel silenzio

A MANI APERTE

- Sta a mani aperte chi è povero. Le nostre mani vuote questa sera sono il segno del nostro immenso bisogno di amore: abbiamo fame e sete di amare ed essere amati. Vogliamo chiedere al Padre che riempia le nostre mani vuote, sazi, almeno un poco, la nostra fame e sete di amore
- Sta a mani aperte chi vuole offrire qualcosa: offriamo la ricchezza della nostra umanità. Dio ci ha fatti unici, nessuno ha un volto... ed un cuore identico al nostro. Gli offriamo la nostra capacità di provare gioia e dolore stupirci soffrire, di sognare, sperare, credere, amare.
- Sta a mani aperte chi ormai si è arreso. Non abbiamo più nulla da difendere davanti a Dio, possiamo far cadere le nostre barriere, sciogliere la durezza del cuore. Questa sera possiamo anche piangere, davanti al Signore, se lo vogliamo. Non abbiamo più paura della nostra vulnerabilità, della nostra debolezza, perché anche Dio, in Gesù, è stato debole e vulnerabile.
- Apre le sue mani chi si fa accogliente. Come la madre, quando distende le braccia e apre le sue mani per accogliere il bambino che le corre incontro, possiamo darci il diritto di distendere le nostre braccia, aprire le mani ed accogliere il Signore che ci viene incontro.
Canto: Se m’accogli

Terzo momento - L’AMORE, LA RISPOSTA AD OGNI ATTESA

Amare è una parola sconvolgente. Amare è interessarsi a qualcuno, essere attenti a lui. E’ rispettarlo com’è, con le sue ferite e la sua povertà. Ma anche con le sue potenzialità, con i suoi doni nascosti. E’ credere in lui, nelle sue capacità di crescere, è volere che lui progredisca. “Non sei perduto, sei capace di crescere e di fare delle belle cose, ho fiducia in te”. E’ gioire della presenza e della bellezza del suo cuore, anche se resta ancora nascosta.

Invocazioni:
Ad ogni invocazione diciamo: “Vieni Signore Gesù”

- Nella nostra incapacità di amare
- In tutte le persone che soffrono
- Tra tutti i bambini maltrattati
- Nelle nostre famiglie
- Quando nella nostra casa c’è il dolore
- Quando nella nostra casa c’è la gioia
- Nella nostra comunità parrocchiale

stefania

Canto: Canzone di San Damiano

Amare e anche farsi carico delle sofferenze degli altri. Nei giorni scorsi sono state raccolte molte preghiere scritte da persone della nostra parrocchia. Ora ci verranno consegnate, una a ciascuno. Poi lasceremo un breve spazio di silenzio, perché ognuno possa pregare per l’intenzione che gli è stata offerta, anche se non conosce, né conoscerà mai chi l’ha scritta. E’ un modo per sentirsi e essere veramente vicini agli altri.
Alla fine reciteremo assieme, dandoci la mano in segno di fraternità, la preghiera di Gesù.

Recita del Padre Nostro

Canto finale: Evenu shalom


NEL GIARDINO DEGLI ANGELI

08 DICEMBRE 2015 1410


CAPRICCI D'UN PICCIONE


E' bello il nostro piccione, d'un bianco cenerognolo, col petto bruno su cui risaltano le piume morbide verdi, lucide, dai riflessi dorati. Ma è prepotente assai. Ha fissato ora la sua dimora in cucina, sotto un armadio. Là è il suo regno; per ore ed ore rimano accoccolato sopra un bastoncino; ogni tanto sporge brontolando il suo petto iridescente per chiedere, con molta insistenza, la solita manciata di riso o di frumento. E' acerrimo nemico dei gatti, ai quali muove una guerra spietata, prendendoli a beccate così vigorose ed insistenti, da metterli in fuga al più presto. Ad una data ora va sul focolare, caccia i gatti e gode il calduccio, adagiato comodamente sopra uno strofinaccio. L'altro giorno la cuoca raccolse lo strofinaccio e lo mise sull'alare. Ciò indispettì tanto il piccione, che dopo aver ripetutamente tentato di riaverlo, si ritirò sotto l'armadio tubando furiosamente, e non uscì per tutto il giorno, benché l'avessimo chiamato molte volte. Sui gatti, come dissi, ha il sopravvento, ma non sui cani, cosa che è per lui fonte perenne di malumore. Quando gli s' avvicina Jons, lo stupendo cane Terranova; o Fido, quello da caccia, brontola brontola, rabbioso di doversi ritirare. Se lo sgridiamo però trema tutto.  Non viene mai nelle sale, tutt' al più fa una passeggiatina in serra. Noi lo teniamo assai volentieri e gli vogliamo bene, perchè in una fredda giornata di dicembre, dopo che gli era fuggito il compagno, scese dalla sua casetta di legno dove l'avevamo collocato e venne in casa tutto tremante e sfinito quasi a chiederci protezione.
Da quel giorno non ci ha lasciati più, ed io credo,  benché non l'abbia ancora dimostrato, che nel suo cuoricino di piccione intelligente, ci serbi gratitudine per i benefici ricevuti.


GLI ANIMALI DI NATALE – TRADIZIONE

08 DICEMBRE 2015 15296610

IL LEONE

Il leone è Gesù in tutto il Suo vigore e la Sua potenza. Fino al secolo XII, orsi, leopardi e leoni erano animali consueti della fauna del medio oriente, Come nell’Arabia, nella Siria e nella Macedonia, così anche in Israele, nei tempi antichi, sulle montagne del Libano e sulle vette deIl’Antilibano si trovavano habitat di tali animali feroci: «Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano vieni! Osserva dalla cima dell’Amana, dalla cima di Senir e dell’Ermon, dalla tane dei leoni, dai monti dei leopardi” (Ct 4,8 ).
Nella Bibbia, in chiave simbolica, rappresentante di forza e di valore, c’è naturalmente il leone: « Tre esseri  hanno un portamento maestoso, anzi quattro sono eleganti nel camminare: il leone, il più  forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno; il gallo pettoruto, il caprone e un re alla testa del suo popolo» (Pr 30,29-30).
Il leone era simbolo della tribù di Giuda (Gen 49,9) e dei re della stirpe di Davide (compreso il Messia cf Ap 5,5 ndr). Anche Salomone aveva dei leoni scolpiti sul suo trono e, successiva¬mente, nel tardo giudaismo, il leone era uno dei soggetti preferiti delle decorazioni sinagogali. Tale raffigurazione sfuggiva in qualche modo alla censura sulla rappresentazione artistica.
Oltre la presenza reale dei leoni in Israele, nella Bibbia, la manifestazione dell’ira di Dio sui popoli della terra è descritta, con toni violenti. Nell’oracolo di Isaia il deserto del Negheb è popolato da leonesse, leoni ruggenti, vipere e draghi volanti (Is 30,6).
Nel libro del profeta Amos la Parola di Dio è paragonata ad un ruggito: «Il Signore ruggisce da Sion e da Gerusalemme fa udire la sua voce» (Am 1,2). Questo ruggito ha qualcosa di teofanico, come la voce del tuono: «Ruggisce il leone: chi non trema? Il Signore ha parlato: chi può non profetare?» (Am 3,8 ). Il simbolo del leone ben convoglia l’idea di forza e di sorgente di timore. A proposito notiamo che le lettere che compongono la parola ebraica «leone» sono ‘ryh che, lette al contrario, diventano hyr’ ossia la «paura/il timore».
L’appello di Dio è irresistibile, come la paura suscitata dal ruggito del leone; perciò Amos è obbligato a profetizzare. La parola del Signore ha infatti una forza che s’impone con veemenza e il profeta vuole essere questa «voce del leone» che turba e scuote le coscienze, promuovendo, con l’annuncio di un castigo imminente, un cambiamento di vita.
Il profeta Geremia sembra testimoniare l’uscita minacciosa dalle selve di bestie feroci che si sarebbero avvicinate persino alle porte della città della Giudea, per sbranare quanti sarebbero usciti per recarsi alla campagna. La punizione è inevitabile e radicale: il popolo-vigna, che è diventato infedele al suo Signore, è condannato da Dio perché ha assecondato l’irreligiosità dei suoi membri: «Mi rivolgerò ai grandi e parlerò con loro. Certo, essi conoscono la via del Signore, il diritto del loro Dio. Ahimè, anche questi hanno rotto il giogo, hanno spezzato i legami! Per questo li azzanna il leone della foresta, il lupo delle steppe ne fa scempio» (Ger 5,5-6).
Con l’immagine del leone è descritto inoltre l’assoluto dominio di Dio nella storia, per cui egli è capace di compiere una totale distruzione: «Io sarò come un leone per Efraim, come un leoncello per la casa di Giuda. lo farò strage e me ne andrò, porterò via la preda e nessuno me la toglierà. Me ne ritornerò alla mia dimora finché non avranno espiato e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me nella loro angoscia» (Os 5,14-15). Osea afferma che Dio è il vero leone per Efraim e Giuda: il più potente nemico o alleato che dovrebbero temere o cercare.
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