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Dove la magia è amore universale, umiltà e ascolto...la magia svelata, per il benessere dell'anima.E' come se in un attimo sbocciasse la vita, laddove prima c'erano solo silenzio ed immobilità.
 
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 LITHA: LA FESTA DEL TRIONFO DEL SOLE

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MessaggioTitolo: LITHA: LA FESTA DEL TRIONFO DEL SOLE   LITHA: LA FESTA DEL TRIONFO DEL SOLE EmptyMer Lug 25, 2012 4:39 pm

INTRODUZIONE

In questa festa le Streghe celebrano la forza del Dio, in tutto il suo splendore e la sua passionalità. Il Dio raggiunge il suo culmine in questo momento. Essendo una festa del fuoco, il Solstizio d'Estate può includere il falò fatto con i nove tipi di legno tradizionali. Il Re Quercia e il Re Agrifoglio, che hanno già lottato a Yule, combattono di nuovo. Questa volta vince il re Agrifoglio, che regnerà fino al prossimo Yule. In questo periodo le Streghe preparano amuleti solari protettivi, per proteggere la famiglia e altre cose tradizionali. Le piante sacre, come nella tradizione druidica, raggiungono qui il loro culmine magico, e le streghe si dedicano alla raccolta delle erbe. I familiari e gli animali domestici occupano un posto d'onore durante questa festa, e le Streghe fanno entrare i loro animali domestici nel cerchio magico perché ricevano benedizione e magia protettiva. Intorno al 21 Giugno il Sole raggiunge lo Zenit, cioè il punto più alto sopra di noi. Il giorno così si spinge fino alla sua massima durata e la notte è la più corta dell’anno. In questo giorno inizia l’estate astronomica, mentre siamo nel pieno dell’estate agricola, il Solstizio d’Estate viene anche chiamato il giorno di Mezza Estate, mentre i celtici chiamavano questo giorno Litha dal nome di una antica Dea simile a Demetra/Cerere. Come il Solstizio d’Inverno e i due Equinozi, questa festa è un periodo di stasi, un momento in cui il Sole si trova in precario equilibrio e per qualche giorno sembra fermo sull’orizzonte e gli antichi svolgevano riti perché il Sole ricominciasse il suo ciclo infinito. Il Solstizio d’Estate è un grande punto di passaggio della Ruota dell’Anno, si passa dalla fase crescente del Sole, periodo che va dal Solstizio d’Inverno al Solstizio d’Estate in cui il giorno cresce sulla notte, alla fase calante del Sole, periodo che va dal Solstizio d’Estate al Solstizio d’Inverno in cui la notte cresce sul giorno. Nei miti nordici questo passaggio è rappresentato dall’eterna lotta tra il Re della Quercia, sovrano della parte crescente dell’anno, e il Re Agrifoglio, regnante della parte calante dell’anno. Lo scontro tra i due Re avviene durante i Solstizi, durante il Solstizio d’Estate il Re Quercia muore per lasciare posto al Re Agrifoglio, mentre durante il Solstizio d’Inverno il Re Agrifoglio perisce per far si che il Re Quercia possa Regnare. Quando uno dei sovrani muore va nel regno della Dea Arianrhood (ruota d’argento) per ritemprarsi in attesa della rinascita. Questa battaglia è comune in molte mitologie, esempi sono riportati nel “Ramo d’Oro” di Freazer e nei libri di Robert Graves. Anche in molte tradizioni Wiccan questo duello viene simbolicamente riproposto, infatti il mito del Re Agrifoglio e del Re Quercia è presente nella ritualistica Gradneriana e Alexandriana, come di molte altre tradizioni più tarde. Molte sono le antiche credenze e usanze collegate al Solstizio d’Estate, una festa indubbiamente collegata alla fertilità dei campi, infatti ciò che era stato piantato in precedenza comincia a farsi visibile, la Terra è rigogliosa, molti frutti e ortaggi vengono raccolti e mangiati o venduti, per permettere il sostentamento della comunità. Questo si ribaltava nei riti e negli usi delle popolazioni, in alcuni paesi, come il Galles per esempio, c’erano e ci sono usanze legate alla fertilità della donna e dell’uomo o alla divinazione nei riguardi dell’amore. Nella fase di cristianizzazione delle feste rurali al Solstizio d’Estate è stato sovrapposto la festa di San Giovanni, che è considerata una festa per la raccolta di molte erbe, tra cui l’iperico che è l’erba di San Giovanni, molte sono le tradizioni legate a questa festa, la più conosciuta è la raccolta della rugiada della notte tra il 23 e il 24 Giugno. La rugiada raccolta in questa notte avrebbe capacità taumaturgiche di ogni tipo e in magia è utilizzata per molti incanti. Altre sono le tradizioni, in parte dell’Italia viene messa all’aperto una brocca d’acqua con all’interno un chiaro d’uovo, in Lombardia viene chiamata la barchetta di San Giovanni ed, al mattino del 24, si riprende la brocca e in base alla forma che ha assunto il chiaro d’uovo se ne traggono auspici per il proseguo dell’anno, specialmente in amore. In Brianza se la forma dell’uovo assomiglia ad una barca gli auspici sono ottimi. Inutile dire che molte di queste tradizioni sono legate al mondo rurale e pagano, assorbite però dalle festività religiose cristiane senza però snaturarne le origini e il senso delle stesse. Essendo il Solstizio d’Estate un punto di passaggio focale nell’anno agricolo e astronomico è e rimane una festa dedita alla fertilità, ma soprattutto all’introspezione, si dovrebbe analizzare il periodo percorso per poter nello sprint finale della Ruota dell’Anno porre in essere quegli aggiustamenti necessari per avere un ottimo “raccolto” nelle festività successive.

PURIFICAZIONE E RINNOVAMENTO PROFONDO

La festa del Solstizio è il giorno più lungo dell’anno, ma è anche il momento in cui il Sole si trova a Nord dell’Equatore Celeste ed inizia il suo declino: per questo il Solstizio estivo veniva chiamato “porta degli uomini”, mentre l’invernale “porta degli dei”. Giano era colui che proteggeva il solstizio estivo, il custode delle porte e dell’iniziazione, e simbolo del passaggio verso l’infinito. Durante il solstizio il visibile e l’invisibile si fondono, è la notte dei presagi in cui si poteva e si può dare una sbirciatina al mondo dell’ignoto. Durante le ore più calde il sole con i suoi raggi irradia le erbe magiche: la raccolta come in passato avviene all’alba, le erbe raccolte sono talismani di protezione per tutto l’anno. Il solstizio d’estate noto anche come Litha è finalmente arrivato, il Dio Sole ci dona la sua massima potenza e la sua immensa forza, raggiunge il suo apice insieme alla Dea. Il fuoco rappresenta il Sole, celebrato nel giorno più lungo dell’anno. Molti pagani e Wiccan celebrano questo giorno con i vari riti e celebrazioni, questo tipo di Sabbath si può anche festeggiare di giorno, con i raggi del sole che ci guardano e si riflettano su di noi. Quello che segue è un rituale da fare di sera, indicato per chi celebra solitamente i Sabbath in solitudine.
Occorrente
Sacchetto di erbe chiuso con il cordoncino rosso (San Giovanni, verbena, lavanda)
Doni per il Dio e la Dea ( frutta colorata, oggetti che rappresentano il Sole)
Procedimento
Preparate l’altare come vi è solito fare, deponete il sacchetto di erbe su di esso, accendete le candele e l’incensiere ed aprite il cerchio. Recitate il canto di benedizione dedicato a Litha, invocate gli Dei come siete soliti fare e poi recitate:
“Questo è il tempo dell’equilibrio
Questo è il giorno in cui le ore della luce e dell’oscurità
sono equamente divise.
Quando tutto nella Natura è al culmine
ed esplode con raggiante energia.
La Dea cammina nei campi, sorridendo alle messi,
mentre il Dio inoltra i suoi raggi per affrettare il raccolto.
Ora è il momento per scordare passate cure e sventure.
Ora è il tempo della purificazione”.
Accendete il calderone e gettate il vostro sacchetto all’interno mentre recitate:
“Io vi scaccio nel nome del Dryghten!”
Girate per tre volte in cerchio attorno all’altare e poi dite:
“In questa magica notte d’estate,
quando il Dio e la Dea regnano supremi,
commemoriamo l’equilibrio che è in noi e in natura,
l’equilibrio immutabile che riflette la perfezione!
Siate Benedetti!”
Date il via al banchetto ed in seguito sciogliete il cerchio, procedendo con i festeggiamenti.

PRATICHE DELLA FESTA DI LITHA

Le erbe di Litha sono : Verbena, Artemisia,Camomilla, Rosa, Lillà ,Quercia, Lavanda, Edera, Achillea, Felce, Sambuco, Timo selvatico, Margherita, Garofano. Il cibo tradizionale è la frutta fresca di stagione.
Ora passiamo al rituale da fare per questa splendida giornata … per prima cosa preparate il vostro altare e di seguito accendete le candele, l’incenso e create il cerchio magico.

Recitate da subito il Canto di benedizione:
“Possano i poteri dell’Uno,
La fonte di tutto il creato,
Onnipresente, onnipotente, eterno;
Possa la Dea, La Signora della Luna;
Ed il Dio, Cacciatore Cornuto del Sole;
Possano i Poteri degli Spiriti delle Pietre,
Sovrani dei Regni Elementali;
Possano i poteri delle Stelle sopra e della Terra sotto,
Benedire questo luogo e questo momento.
E me che sono con Voi! “
Dopo il canto invocate il Dio e la Dea come di seguito:
Invocate ora la Dea
“Dea Misericordiosa,
Tu che sei regina degli Dei,
Luce della Notte,
Creatrice di tutte le cose selvagge e libere;
Madre delle donne e degli uomini;
Amante del Dio Cornuto e protettrice di tutti i Wiccan:
Discendi, Ti Prego!
Con il tuo raggio di Potere Lunare
Qui nel mio Cerchio!”
Invocate il Dio
“Dio Luminoso,
Tu che sei Re degli Dei, Signore del Sole,
di tutte le cose selvagge e libere
Padre delle donne e degli uomini;
Amante della Dea della Luna e protettore di tutti i Wiccan
Discendi, Ti Prego!
Con il tuo raggio di Potere Solare
Qui nel mio Cerchio!”
Posizionatevi in piedi di fronte al vostro altare. Alzate la bacchetta e dite:
“Celebro il culmine dell’estate con i riti mistici.
Oh Grande Dea,
Oh Grande Dio,
Tutta la Natura vibra delle vostre energie
E la Terra è sommersa dal calore e dalla Vita.
Ora è il tempo di dimenticare le preoccupazioni ed i mali del passato;
Ora è il tempo della purificazione.
Oh fiero Sole,
Brucia l’inutile,
Il doloroso,
Il dannoso,
Nel tuo potere onnipotente.
Purificami!
Purificami!
Purificami!”

Ora potete appoggiare la bacchetta sull’altare, prendere il sacchetto delle erbe che avete confezionato e dargli fuoco con la candela rossa sull’altare, oppure se siete all’aperto nel fuoco rituale e dite queste parole:

“Io vi bandisco con i poteri della Dea e del Dio!
Io vi bandisco con i poteri del Sole, della Luna e delle Stelle!
Io vi bandisco con i poteri della Terra, dell’Aria, del Fuoco e dell’Acqua!”

Fermatevi ed osservate il sacchetto che brucia nel frattempo i dolori e le sofferenze svaniscono nel nulla. Di seguito dite:

“Oh Dea Misericordiosa,
Oh Dio Misericordioso,
In questa notte magica di Mezza Estate
Io vi prego di riempire la mia vita
Di meraviglia e di gioia.
Aiutatemi ad armonizzarmi con le energie
Sparse in questa aria notturna incantata.
Io vi ringrazio.”
Fatto questo, fermatevi a riflettere sulla purificazione ed immaginate i poteri della natura fluire dentro di voi, con l’energia divina. Dopo questo passo, potete fare i vostri lavori di magia, ed infine celebrate il Piccolo Banchetto e cancellate il vostro cerchio.

LA FESTA DI LITHA: ORIGINI ED EVOLUZIONE

E’ il momento dell’anno (21-24 giugno) in cui il predominio lunare (segno del Cancro) si fa più forte di quello solare. Quest’ultimo, invece, raggiungerà il suo culmine a Lughnasadh. Il solstizio d’estate è quindi un punto di massima espressione delle facoltà lunari, forze di natura femminile a cui si sono ispirate tutte le maghe del mondo. A livello iniziatico il giorno di mezza estate rappresenta un passaggio importante, quasi un traguardo, nonostante che per gli alchimisti non si sia ancora arrivati all’oro filosofale. Una tappa spirituale questa, rappresentata dal 5° Chakra della filosofia indiana. Il chakra della Luna Piena, rappresentato da un triangolo giallo con un cerchio bianco inscritto (Vishuddha ovvero purificazione) che simboleggia il dominio dell’elemento acqua, mentre i suoi frutti d’argento tendono a solarizzare (maturare) in frutti d’oro. L’antica Alchimia associava l’acquisizione dei primi poteri alla "Pietra di Luna" o "Elixir al Bianco". Simbolicamente questo è l’inizio della prima manifestazione della materia e indica il dominio sulla sfera materiale (equivalente al numero 16, interezza e perfezione). Esotericamente, il solstizio d’estate rappresenta l’apertura di una porta (crescita spirituale) verso una forma di conoscenza superiore (dal 5° al 6° Chakra), rappresentata dal terzo occhio sulla fronte. Infatti, la vera Via della Conoscenza non può essere dominata solo dalla Luna (irrazionalità e superstizione) o dal Sole (materialismo e integralismo) ovvero, non appartiene né a Jachin né a Boaz (le colonne del Tempio di Salomone) ma deve passare per l’unione dei contrari (Sentiero di mezzo). Nell’antica Roma i due solstizi erano consacrati a Giano bifronte (ianus, porta), il dio guardiano delle soglie e dei passaggi (Omero cita le due porte Aquilon (nord) e Noto (sud), sull’isola di Itaca, come passaggi per il modo degli dei). Nel ciclo giornaliero attraverso la Porta del Cielo di Oriente entra il Sole per dare inizio al giorno, attraverso quella di Occidente il Sole esce al tramonto.
Nel ciclo annuale, Giano apre e chiude le Porte Solstiziali, attraversando le quali il Sole dà inizio alle due metà, ascendente e discendente, del percorso annuale.
I due volti, quello maturo e barbuto, simbolo del passato, e quello giovane e gioioso, simbolo del futuro, guardando contemporaneamente indietro e avanti mostrano il potere del Dio sul tempo. A volte Giano ha un volto virile, anziano e barbuto, altre un volto femmineo, giovane e bello, in relazione al primitivo significato di simbolo del Sole e della Luna espresso dalla coppia Janus-Jana o Diano-Diana, con senso analogo a quello della coppia divina di Giove e Giunone. E’ il dramma cosmico della morte e della rinascita del Sole, che segna nel corso dell’anno l’avvicendarsi delle stagioni e del ciclo della vegetazione. La tradizione assegna alla Porta del Capricorno un significato positivo in quanto apre la fase dell’anno in cui il Sole cresce e alla Porta del Cancro un significato negativo in quanto dà inizio al semestre oscuro. La Porta Invernale è detta Porta degli Dei, perchè attraversandola le anime ascendono al divino e le influenze superiori discendono sulla terra.
La Porta Estiva è detta Porta degli Uomini o degli Antenati perché destinata alla discesa delle anime sulla terra ed al perpetuarsi del ciclo delle esistenze materiali.
Stranamente, nella religione cristiana troviamo i due Giovanni (Battista ed Evangelista) posti presso i due solstizi (21 giugno – 27 dicembre) come le facce di Giano. Il nome di Giovanni Battista e Giano avrebbero la stessa radice ebraica Joni (giorno), come a ribadire il significato solare del termine. Altri sostengono che Giovanni derivi dall’ebraico hanan, che significa misericordia e lode, pertanto, dal momento che la misericordia scende da Dio sugli uomini, mentre la lode sale verso la divinità, il nome corrisponderebbe alla direzione discendente e ascendente delle due metà del ciclo annuale. Inoltre, in molte altre definizioni emerge l’aspetto solare del Battista.
Le feste del Solstizio Estivo, assegnano al Santo il ruolo di protettore dalle influenze malefiche, in quanto garante della rinascita della Luce nel momento in cui inizia la fase oscura del cielo annuale e più pressanti si fanno le minacce delle forze malefiche e tenebrose, in riferimento al senso negativo della seconda metà dell’anno ed al concetto della discesa delle anime nel mondo attraverso la Porta del Cancro. Essere il discepolo prediletto da Gesù conferisce, invece, a Giovanni Evangelista una posizione, quasi di identificazione e di successione in rapporto al Sole nascente. Non a caso Cristo gli affida la Madre, simbolo della Materia Prima e del Principio femminile, ricettacolo e riflesso della Luce solare. L’iconografia sacra presenta la Vergine e S. Giovanni ai piedi della Croce, l’una sulla sinistra (rispetto all’osservatore, ovvero a destra della Croce) e l’altro a destra: alle loro figure corrispondono il Sole e la Luna posti ai lati della Croce, in alto. In ogni caso, il simbolismo di Giovanni Evangelista (rivelazione e mistero) riconduce alla Porta degli Dei del Solstizio d’Inverno, dedicata sia all’ascesa delle anime che alla volontaria discesa dello Spirito. La saggezza popolare sapeva cogliere la magia e il gran mistero della Notte di San Giovanni.
Il solstizio d’estate è il momento per venerare la potenza della luce, il maschile, la cima della montagna, la lama della spada, l’esteriore e l’assertivo. Questo periodo, quando il giorno diventa il più lungo dell’anno (con le ore della notte uguali a quelle del giorno), perchè il sole è allo zenit (punto più alto della volta celeste) era considerato carico di grandi energie e pertanto ricco di molte tradizioni ed usanze, alcune delle quali eseguite ancora oggi. L’acqua ed il Fuoco sono per antonomasia i simboli solstiziali (Giovanni battezza con l’acqua e Dio purifica col Fuoco) che si ritrovano in molte feste popolari. Da sempre, con il fuoco si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Intorno ai fuochi dunque si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell’aria scura promesse d’amore e di fortuna. La leggenda vuole che durante questo periodo, le streghe di Benevento si radunassero sotto il grande Noce (l’albero delle streghe) e la notte di San Giovanni era associata con le forze lunari, con la rugiada e con le erbe che, raccolte questa notte, hanno maggior potere. Il grande Noce simbolicamente potrebbe rappresentate l’Albero Cosmico o dei Filosofi. Tale giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista. E nella festa di San Giovanni convergono i riti indoeuropei e celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori. Tali riti antichi permangono, differenziandosi in varie forme, nell'arco di duemila anni, benché la Chiesa ostinatamente abbia tentato di sradicarli o, perlomeno, di renderli meno incompatibili con la solennità e si esauriscono soltanto con la sistematica repressione dei governanti laici dell'Italia unita: nelle zone rurali si mantengono tuttavia i riti più semplici e naturali, propri della società contadina e pastorale.
Tutte le leggende si basano su di un evento che accade nel cielo : il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull'orizzonte; insomma, noi crediamo che cominci l'estate, ma in realtà, da quel momento in poi, il sole comincia a calare, per dissolversi, alla fine della sua corsa verso il basso, nelle brume invernali. Sarà all'altro solstizio, quello invernale, che in realtà è l'inverno, raggiunta la più lunga delle sue notti, comincerà a decrescere, per lasciar posto all'estate. E' così che avviene, da millenni, la corsa delle stagioni. Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno, in tutte le campagne del Nord Europa l'attesa del sorgere del sole era propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre con le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi : le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell'aria scura promesse d'amore e di fortuna, il Male si dissolveva sconfitto dalla stessa forza di cui subiva alla fine, la condanna la feroce Erodiade, la regina maledetta che ebbe in dono il capo mozzo del Battista. Nella veglia, tra la notte e l'alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali ; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi, per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione, prima di partecipare ai riti in chiesa. La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l'austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia. Anche in Valsesia ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani. Il rito della benedizione dei "fiori di San Giovanni", erbe benefiche e medicine medievali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali domestici era assai diffuso in Valsesia, fino a pochi decenni fa. Ma ancora adesso, a Rossa, piccolo paese della Val Sermenza, valle minore della Valsesia, i fedeli richiedono la preghiera "magica", quella che proteggerà dai mali i raccolti. E la richiederebbero anche ad Oro di Mezzo, frazione di Boccioleto, se non fosse che non ci sono più anime a popolare la piccola frazione. Tutti se ne sono andati, ormai. Rimangono le montagne, immobili, maestose, gravide di leggende di cui nessuno ricorda più la trama, e tanto meno il significato. E rimane, l'antica, suggestiva preghiera che un anno dopo l'altro, un secolo dopo l'altro, ha convinto di aiuto e pietà generazioni di donne e ancora adesso, in questo mondo impazzito, in un piccolo paese nascosto tra le montagne, raccoglie le donne lì giunte in processione a chiedere aiuto e pietà ad un Dio di cui si prega l'ascolto :

"Dio onnipotente ed eterno,
che hai santificato nell'utero di tua madre il beato Giovanni Battista
e nel deserto hai voluto nutrirlo di erbe, di radici e di locuste silvestri,
degnati di benedire questi rami, i fiori e le nuove biade,
i frutti e le erbe che i popoli raccolgono,
affinché siano una medicina per tutte le anime e per i corpi.
Dio, che in principio hai creato tutte le cose con la Tua onnipotenza
e ad esse hai assegnato una forza,
degnati di benedire questo insieme di erbe e di fiori,
affinché tutti quelli che li portano con sé
o li conservano nelle loro case,
siano liberati da ogni inganno diabolico.
Dio onnipotente ed eterno,
che ti sei degnato di nutrire nelle grotte del deserto
il beato Giovanni Battista di locuste e di miele selvatico,
degnati pure, Signore, di benedire
e di santificare questi fiori
oggi preparati in onore al Tuo nome,
affinché a tutti quelli che li portano in mano
o li conservano nelle loro abitazioni,
siano di protezione per i corpi e per le loro anime
e di medicina per tutte le malattie.
Dio onnipotente ed eterno,
creatore di tutte le cose per l'utilità del genere umano
degnati di benedire e di santificare queste creature di erbe e di fiori,
affinché tutti quelli che da esse ne abbiano presi alcuni
e li abbiano portati con sé ricevano la guarigione
tanto del corpo come dell'anima
e affinché per propria forza
e in onore di Tuo Figlio e Nostro Signore
e in onore del beato Giovanni Battista
siano nuovamente beati e santificati
e abbiano potere contro le tenebre, le nubi e le malignità delle tempeste
e contro le incursioni dei demoni ....."

Ed ancora le donne si recano in processione, recando con loro i fiori da benedire.
I fiori di San Giovanni, dunque : l'artemisia, l'arnica ; le bacche rosso fuoco del ribes ; la verbena, della quale è credenza diffusa che, colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, costituisca un'infallibile protezione contro i fulmini ed è conosciuta in Bretagna come "erba della croce", perché si ritiene che protegga chi la porta con sé da qualsiasi male ed anche come "erba della doppia vista" perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste.
E l'erica, la pianticella sottile. L'erica è un fiore delle nevi e dei terreni poveri ed ostili. Infatti, il suo nome deriva dal verbo greco "ereiko", spezzo, rompo, proprio perché l'erica è più forte della dura crosta di terra invernale o della neve che la ricopre, tant'è che la buca senza fatica, emergendo all'aria aperta.
I fiori dell'erica, che vanno dal bianco alle varie tonalità di rosa, assomigliano, rovesciati, ai copricapo degli elfi. Della stessa famiglia dell'erica è un'altra pianticella, detta brugo, da brucus, termine tardolatino di origine celtica, da cui deriva il termine brughiera, poiché in questa terra povera e arida la pianticella riesce a vivere meglio di altre, coprendo immense distese.
L'erica, dal nome più romantico, era tenuta in grande considerazione fin dall'antichità, tanto da essere utilizzata per costruire le scope che sarebbero servite a pulire i templi degli Dei e successivamente, in tempi più severi, il forno dove cuocere il pane. L'utilizzo dell'erica per costruire scope era così diffuso che, in alcune regioni, l'erica stessa viene chiamata scopa e ancora oggi, alcune località soprattutto della Toscana, dove l'erica ricopre a distesa campi e colline, vengono chiamate Scopeto, Poggio delle Scope, Pian di Sco'. Le leggende associano spesso l'erica alle Entità Fatate, facendole dimorare fra i suoi rami e sconsigliando di
sdraiarsi a dormire fra queste piantine, per non correre il rischio di essere rapiti dal mondo delle fate. Di contro, era possibile accedere ai segreti dell'Aldilà, semplicemente dormendo su un letto di erica, che è anche spesso giaciglio degli amanti in numerose leggende. E l'erica è posta a guardia del solstizio d'estate, periodo nel quale raggiunge la fioritura più completa. Usanza derivante probabilmente dal mondo celtico, dove l'erica è collegata sia all'Aldilà sia all'amore : le api, simbolo di saggezza segreta che proviene dall'Altro mondo, sono particolarmente ghiotte dei fiori di questa piantina e producono così un miele squisito, da sempre legato a riti e significati di immortalità e di rinascita.
E ancora, tipico della notte di San Giovanni, il raro, misterioso fiore della felce che cresce nella notte magica, e si dice fiorisca a mezzanotte.
La storia relativa ai fiori magici è interessante, ed è frutto di credenze molto diffuse. In Boemia, ad esempio, si crede che il fiore della felce risplenda come l'oro, o come il fuoco, nella notte di San Giovanni : chiunque lo possieda in questa magica notte, e salga una montagna tenendolo in mano, scoprirà una vena d'oro, e vedrà brillare di fiamma azzurra i tesori della terra.
In Russia, i contadini raccontano che chi riesce ad impadronirsi del meraviglioso fiore nella vigilia di San Giovanni, se lo getta in aria, lo vedrà ricadere per terra nel punto preciso dove è nascosto un tesoro. Pare che questo fiore fiorisca improvvisamente, talvolta, a mezzanotte precisa della magica notte del solstizio d'estate ; e, sempre in Russia si racconta che chi abbia la fortuna di cogliere l'istante di quella fioritura improvvisa, potrà nello stesso tempo assistere a tanti altri spettacoli meravigliosi : gli sarebbero apparsi tre soli, e una luce avrebbe illuminato a giorno la foresta, e avrebbe udito un coro di risa, ed una voce femminile chiamarlo. IL fortunato a cui accade tutto questo non deve spaventarsi : se riesce a conservare la calma, raggiungerà la conoscenza di tutto ciò che sta succedendo o succederà nel mondo. Anche se resta da vedere se quest'ultima sia una buona magia. Ma anche il seme della felce, che si vuole risplenda come oro nella notte di San Giovanni, non diversamente che dal magico fiore, farebbe scoprire i tesori nascosti nella terra : i contadini del Tirolo credono che alla vigilia di San Giovanni si possano veder brillare come fiamme i tesori nascosti e che il seme della felce raccolto in questa mistica notte possa portare alla superficie l'oro celato nelle viscere della terra. Nel cantone svizzero di Friburgo, il popolo usava un tempo vegliare vicino ad una felce la notte di San Giovanni, nella speranza di guadagnare il tesoro che qualche volta il diavolo in persona portava loro.
Un altro fiore, questo facilmente rintracciabile e che appare d'oro anche ad occhio nudo, è legato nella memoria popolare al solstizio d'estate. La densità della sua fioritura è tale da risaltare sulle grandi distese, come una gran macchia di colore giallo oro misto a rame ; i fiori infatti, così numerosi e brillanti, durano poco, un giorno soltanto, e subito appassiscono e assumono un colore rosso ruggine. Si tratta dell'iperico, un fiore dei campi che è detto erba di San Giovanni, perché anticamente chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del convegno annuale, se ne proteggeva infilandoselo sotto la camicia insieme con altre erbe, dall'aglio, all'artemisia, alla ruta. Il suo stretto legame col Battista sarebbe testimoniato dai petali che, strofinati tra le dita, le macchiano di rosso perché contengono un succo detto per il suo colore "sangue di San Giovanni". E' davvero difficile risalire alla motivazione di questo accostamento - perché il Battista e non un altro martire ? - se non forse il fatto che l'iperico è un fiore che si accontenta di poco, per sopravvivere, e vive anche nei climi desertici, come fece un tempo Giovanni il Battista.
Nelle leggende si parla anche di un 'erba piccolissima e sconosciuta, detta Erba dello Smarrimento. Si dice che essa venisse seminata dalle Fate e dai Folletti nei luoghi da loro frequentati e, calpestata, avrebbe allontanato dalla retta via il malcapitato. A questa leggenda si intreccia quella, di origine tedesca ma alquanto diffusa nel biellese, che, se taluno passa vicino alla magica fioritura della felce, nella notte di San Giovanni, senza raccogliere il seme che la pianta lascia cadere, sarà condannato a smarrirsi per via, anche se percorre strade a lui note.
Altrettanto conosciuta era l'Erba Lucente, che consentiva, se portata sul corpo, di vedere la verità delle cose senza mascheramenti o inganni. Poiché quest'erba era invisibile agli uomini, ma non ai bovini domestici, la si poteva raccogliere solo seguendo un vitello al suo primo pascolo, oppure le mandrie, nella notte di San Giovanni. Si raccontava infatti che in quelle occasioni, i bovini mangiassero solo quell'erba, dando così la possibilità a chi proprio lo desiderava, di individuarla. Le vecchie storie non tramandano cosa accadesse agli incauti che ci riuscivano, cui da allora, conoscendo ogni verità, era negata la possibilità dell'illusione.
Anche in Valsesia, come abbiamo già detto, ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.

LE FIGURE FULCRO DEL SABBATH DI LITHA

SAN GIOVANNI BATTISTA

Nella tradizione stregonesca popolare italiana San Giovanni Battista, detto anche S. Giovanni Decollato, è il santo onorato ed atteso. Secondo la tradizione, egli è patrono dell’amicizia e della fedeltà. A causa della sua leggenda S. Giovanni Decollato è patrono anche dell’amore casto (inteso come amore dalle intenzioni pure e lecite) e dell’amore coniugale, infatti, a lui si rivolgevano le fanciulle in età da marito per propiziare l’arrivo di un consorte. Questo Santo è anche annunciatore dello Spirito, della venuta del Dio in Terra (infatti, Litha è, in un certo senso, l’annunciazione di Yule), perciò la tradizione popolare richiede spesso la sua intercessione nei riti di esorcismo. Se dunque volete seguire l’antica tradizione popolare italiana, procuratevi delle raffigurazioni di S. Giovanni e ponete ai suoi piedi: le 9 erbe; la Guazza ed una candela gialla o dorata.

GIANO BIFRONTE

Restando in ambito italiano, ma andando più indietro nel tempo possiamo rifarci alla tradizione Romana e nella nostra grotta porremo un’effigie di Giano, il Dio Bifronte, simbolo delle Porte Solstiziali. Giano è la maggiore divinità Italica, una delle pochissime divinità autoctone. Secondo la sua etimologia il suo nome vuol dire «passaggio» e nell’antichità presiedeva a tutti gli inizi e i passaggi delle soglie. Sarà dunque la divinità tutelare degli adolescenti, dei diplomandi e dei laureandi. Presiederà alle nozze, alle nascite, all’avvio di nuove attività, assisterà i discepoli in procinto di essere iniziati e tutte quelle attività e categorie soggette al passaggio da una condizione ad un’altra, sia in senso materiale sia in senso spirituale.
Il culto di Giano era tale che in epoca Cristiana egli fu assimilato al Cristo. Mettete ai piedi di Giano: una ruota; una chiave; un bastone; un ponte in miniatura ed una candela gialla o dorata.

I MESSAGGERI GRECI

La raffinata filosofia greca, vide nei solstizi le "Porte dei mondi" degli dèi e degli uomini e sebbene fosse considerato un momento importante, non vi sono tracce di particolari festività celebrate in onore di tale ricorrenza. Tuttavia, vi sono due divinità che possiamo considerare tutelari di questo particolare momento, si tratta di Hermes e Iride (o Iris), in quanto divinità in grado di viaggiare fra i mondi: infatti, come tutti sanno, entrambi rivestivano il ruolo di messaggeri degli Dei. Come si evince dagli episodi dei quali sono protagonisti, le due divinità donano conoscenza e aiuto all’umanità e la mettono in contatto con il divino, perciò fra i loro doni vi sarà la veggenza, l’estasi, l’Illuminazione, la Sapienza e la Divinazione. Hermes in particolare è il Dio dei viaggi, i ladri, i commercianti, i poeti e gli oratori. Egli è il dio del «Logos», cioè della parola intesa come dono divino e del raziocinio, in altre parole della capacità di ragionare e giungere all’essenza delle cose. È consigliabile porre Hermes davanti o dentro la grotta cosmica, poiché egli è il Dio psicopompo, cioè colui che ha il compito di accompagnare le anime nel regno dei morti, e dunque da un’esistenza a un’altraPonete ai suoi piedi: un gallo, delle piume (simbolo dei sandali e del cappello alati), una tartaruga, la vostra bacchetta magica come simbolo del kerykeion oppure del cadduceo. Davanti alla grotta ponete una bacinella d’acqua o una fontana e al centro di questa mettete la statua di Iris, oppure sostituitela con un arcobaleno che finisca realmente o per effetto ottico nella fontana. Figlia di una ninfa Oceanina, Iride poteva viaggiare fra il mondo terrestre e il mondo sottomarino (altra rappresentazione dell’Altro mondo). Offrite alla dea un fiore di Iris delle piume (simbolo delle sue ali) candele e oggetti colorati

LA TRIADE DIVINA

Fra le popolazioni che hanno vissuto sul nostro suolo, non possiamo certo dimenticare i Celti che occuparono gran parte dell’Italia. Oltre al Sole, il popolo celtico dedicava queste feste a tre divinità:
Belenos, dio solare;
Miach, il dio della guarigione;
Airmid o Airmeith, sorella di Miach e dea della conoscenza delle erbe magiche e medicinali.

Ponete Belenos in cima alla grotta (il sole trionfante), Miach all’interno della caverna (Dio sacrificato e simbolo dell’Eroe iniziato), Airmid ai piedi della grotta (la Dea testimone e nutrice) poggiata sul suo manto verde trapuntato delle 26 erbe sacre. Oltre a presiedere ai passaggi fra i mondi, le tre divinità presiedono alle guarigioni fisiche e spirituali, la medicina e la conoscenza delle erbe. Mentre Belenos e Airmid si trovano raffigurati nella cultura celtica, non vi sono (o perlomeno noi non ne abbiamo trovato traccia) raffigurazioni di Miach. Tuttavia, dato il forte culto di S. Giovanni presso le comunità celtiche moderne, è plausibile che il Dio-Eroe sia stato identificato con il Santo. Come S. Giovanni, infatti, Miach è ucciso dal padre tramite decapitazione e successivamente smembrato.

LE DIVINITA’ NORRENE

Poiché il termine «Litha» è di origine nordica non possono mancare nel nostro elenco le divinità norrene. Le antiche popolazioni nordiche, specie scandinave, officiavano durante Litha il Sigr Blot in onore del Dio Odino, per ottenere la vittoria nelle proprie imprese. Come l’Hermes greco anche Odino è un Dio psicopompo e del Logos, conoscitore della magia, la medicina e la poesia. Inoltre Litha è un periodo di venti giorni circa durante il quale è ricordata la leggenda del Re Quercia e del Re Agrifoglio altrimenti conosciuta come Hjadningar, l’eterna battaglia tra Hedinn e Hogni, rappresentanti rispettivamente le forze della Luce e delle Tenebre e il loro eterno fronteggiarsi senza soluzione fino a Ragnarock, quando si distruggeranno definitivamente. Ponete dunque Odino in cima o davanti alla grotta, offrite al Dio una libagione, le rune; le erbe sacre; una piuma di corvo e una di cigno bianco o di oca; l’immagine di un cavallo. Ponete sull’altare un bonsai di quercia e uno di agrifoglio (potete sostituirlo anche con dei rami) e, alla sera, bruciate un rametto della quercia ponendo l’agrifoglio in primo piano. Non devono mancare su un altare norreno gli elfi, simbolo degli spiriti familiari da onorare durante tutti i Blot, e particolarmente in questo.

RITI TRADIZIONALI DI LITHA

Il Guardiano della Soglia

Il gran numero di usanze e di piccoli rituali ancora oggi vivi  in tutta Europa testimoniano che il solstizio estivo, insieme a quello invernale, resta uno dei periodi più amati e profondamente intessuti nella cultura popolare. E ai vecchi nomi ne subentrano di nuovi... per esempio, nell’antica Roma i due solstizi erano consacrati a Giano bifronte, il dio guardiano delle soglie e dei passaggi. Oggi (non è un caso) troviamo i due Giovanni, il Battista presso il solstizio d’Estate e l’Evangelista presso quello d’Inverno.
I popoli antichi chiamavano i due solstizi “porte”: Porta degli Dèi o degli Immortali quello invernale, Porta degli Uomini quello estivo. Scrive Alfredo Cattabiani (in “Lunario”): "Omero descriveva nell’Odissea un misterioso antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano due porte. Il poeta spiegava che la porta degli uomini è rivolta a Borea, cioè a Nord (e infatti al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste), mentre quella degli dèi e degli immortali è volta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore."

Astronomia di oggi e di ieri

Il termine “Solstizio” significa “Sole stazionario” e indica che in questo momento astronomico l’astro non si alza né si abbassa rispetto all'equatore celeste. Nell’esatto mezzogiorno astronomico le ombre degli edifici e dei pali scompaiono del tutto; sempre in quest’occasione, al tropico del Cancro è possibile osservare l’immagine del disco solare nel fondo dei pozzi, riflesso dall’acqua anche a decine di metri di profondità e lo stesso fenomeno si ripete il 21 dicembre (solstizio d’inverno) al tropico del Capricorno. Un riferimento astronomico molto importante, come abbiamo visto è l’equatore celeste. Si tratta della proiezione (immaginaria) sulla volta celeste dell’equatore terrestre: è un semicerchio e mostra il percorso del sole. Durante gli equinozi (primavera e autunno) si ha parità fra giorno e notte: dodici ore di luce e altrettante di buio. In tutti gli altri giorni dell’anno il percorso giornaliero del Sole è parallelo all’equatore celeste: in primavera ed estate si ha un percorso maggiore dell’equatore celeste, quindi il giorno prevale sulla notte, in autunno e inverno accade esattamente il contrario.

Fuochi sulle montagne d’Europa

Il fascino della festa patronale dedicata a S. Giovanni risiede ancora oggi nei fuochi che si accendevano (e da qualche parte tuttora si accendono), facendo ardere mucchietti di resina, per andare poi a osservarli da lontano, la sera. Fino a qualche decennio fa, i fuochi di San Giovanni venivano accesi in tutta la Valle Camonica, soprattutto dai paesi collocati più in alto, in modo che potessero essere ben visibili da lontano. Questi falò continuano la tradizione di antichi riti pagani legati al solstizio d'estate: sono praticati dall'Irlanda alla Russia, dalla Svezia alla Grecia e alla Spagna. Documenti del XVI secolo testimoniano tale consuetudine in quasi tutti i paesi della Germania; i rituali intorno al fuoco erano connessi alla fertilità del raccolto, alla salute, alla buona sorte, a proteggere dai fulmini. In Austria, nel Salzkammergut e nella zona di Bad Goisern vicino ad Hallstatt (culla dei Celti della prima Età del Ferro) si usa ancor oggi accendere grandi falò sui fianchi delle montagne la sera del 23 giugno; celebrazione analoga è lo Highlight, un immane falò solstiziale che viene acceso a Schwarzenbach durante il Keltenfest, la festa dei Celti. Nell’antica Gallia, durante i giorni solstiziali si accendevano i fuochi sui monti dedicandoli al dio Belen.

Ruote di fuoco

Per alcuni la festa di S. Giovanni sarebbe la trasformazione di un antico culto solare (un riferimento preciso è reperibile nella festa romana del 24 giugno indicata come “solstitium” o “campas”), che rivela quindi radici profonde nella tradizione rituale precristiana. Molto importante non dimenticare il legame con l’antica società agraria, che con il culto del sole aveva un forte legame simbolico. Un esempio del culto solare in ambito agricolo è rappresentato dal tradizionale gioco delle “ruzzole” praticato nell’Appennino modenese (ma attestato con piccole varianti anche in altre aree). Questa tradizione, che qualcuno vuole celtica e qualcun altro pre-celtica, ha trovato la sua massima espressione nel lancio di grandi ruote di legno accese e non di rado inghirlandate. Secondo Frazer (in “Il Ramo d’oro”), «si riferisce al ciclo discendente del sole, avente inizio nella data rituale in questione e risponde all’intento di sfondare ritualmente il nuovo anno astronomico dando, in senso magico, il via a un favorevole corso del sole, identificato nella ruota». Il lancio delle ruote infuocate è ancora vivo con le “cìdulis” delle Alpi orientali del Friuli; normalmente, prima di lanciare la sua “cìdule”, il lanciatore grida «vòdi cheste cìdule onor di...» (dedico questa ruota di fuoco in onore a...) e accompagna l’esclamazione con il nome del santo festeggiato (il rituale, rifiorito in tempi recenti, si può ripetere anche in occasione dell‘Epifania e di vari santi patroni locali). Queste ruote avvolte di paglia e incendiate, di cui si trova esempio anche in altre aree europee e spesso collegate al falò rituale, sono state interpretate come tentativi di ricostruzione simbolica del ciclo solare.

Danze intorno al falò

Nonostante la demonizzazione secolare dei culti agresti (ancora oggi si mormora che nella notte di S. Giovanni le streghe celebrerebbero i propri rituali), alcuni aspetti tipici di questa festa pagana non si sono spenti e hanno mantenuto una propria vitalità, conservando alcune caratteristiche: oltre ai fuochi, le sfilate, le danze, i giochi, il coinvolgimento collettivo in genere e soprattutto intorno al gran falò finale. Un’altra pratica legata a S. Giovanni è la danza intorno alle grandi pietre megalitiche, considerate cariche di poteri magici. Da sempre, con il fuoco si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Intorno ai fuochi dunque si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell'aria scura promesse d'amore e di fortuna...

Raccolta di erbe

Trascorrendo la notte nelle piazze e in campagna, presso fonti e fiumi, non solo si cantava e si danzava per tutta la notte, ma si prediceva la sorte e si raccoglievano erbe e foglie che venivano battezzate nelle acque da compari e comari, per essere poi devotamente appese in casa, appese alle pareti, per un intero anno.
Le erbe raccolte nella notte di S. Giovanni erano ritenute speciali, le più adatte per preparare pozioni magiche e medicamentose, potenti filtri, e per preparare incantesimi. Non va considerata un’idea superstiziosa, ma piuttosto la consapevolezza (dovuta anche alla pratica) che solo in alcuni giorni dell’anno era possibile ottenere i massimi principi attivi (effetto balsamico) dai poteri vegetali. Le tradizioni erboristiche antiche rivelano infatti una matura conoscenza della fitoterapia e soprattutto la capacità di creare una simbiosi favorevole con la natura. In questa magica notte, oltre alla raccolta delle erbe, era d’uso anche bagnarsi gli arti sofferenti con la rugiada. Uomini e donne che rotolavano nudi nei prati per assorbire il potere della rugiada di S. Giovanni crearono un’atmosfera facilmente demonizzabile dall’autorità ecclesiastica, che in questa pratica individuò una manifestazione stregonesca. A tale proposito, si ricorda un Editto pubblicato a Roma il 17 giugno 1755, dal Vicario Marco Antonio Colonna, il quale avvertiva di vigilare e contenere gli "abusi che si commettono nella notte della vigilia di San Giovanni Battista" ricordando che "contro i trasgressori si procederà anche per inquisizione". Concludiamo con i fiori cari a San Giovanni: l'artemisia, l'arnica, le bacche rosso fuoco del ribes, l’erica e la verbena.
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