Tutto va male, le cose non funzionano, gli amici sono indiscreti, in famiglia non ci si capisce, la vita è insopportabile, basta niente perché tutti si mettano a gridare, a difendere le proprie ragioni, a parlar male degli altri, a erigere un muro sempre più insormontabile d’inascolto, d’incomprensione, di pazzia. E ognuno, da una parte e dall’altra di questo muro, parla nella propria lingua, ripropone quella Babele in cui non c’è posto per l’intelligenza, per la tolleranza, per la pazienza. Incomincia dalla mattina, fino alla sera, in un lavorio incredibile di supposizioni, ipotesi, imprecazioni contro l’altro che in qualche modo ci ha stuzzicato, ci ha offeso, ci ha frodato. In una società in cui ognuno dice la sua, ha ancora senso parlare della pazienza? Lo vediamo dalla cronaca: la gente litiga, uccide e si uccide, provoca disastri e conta sulla permalosità e sull’irascibilità dell’altro. Capita così in tutti gli angoli del mondo. Sa di trovare terreno fertile per il discorso del male, per il discorso della guerra, contro la tolleranza e contro l’umiltà che sono alla base della città, della società, della comunicazione.
Ma allora chi è paziente? Che cos’è la pazienza? Ne parliamo perché va di moda? No, la pazienza, l’intelligenza, l’umiltà non vanno mai di moda. Queste virtù non sono popolari, nell’accezione più negativa che si dà a questo temine, perché non appartengono a tutti. Ciascuno però è in grado di formarsi, di provarsi e di vincere, con la fede, con la decisione, con l’esperienza. Parlare nella propria lingua è facile, ognuno può dire la sua e aggiungere rumore, confusione, spreco. Esercitare la virtù della pazienza è difficile: occorre essere formati alle difficoltà della vita e intendere che la vita non è mai facile, anche se così può erroneamente, qualche volta, apparire. Nella Bibbia, nella Lettera di Paolo ai Galati 5:22:" Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo."
Premesso che nessuna delle nove parti che compongono il frutto esclude le altre, in quanto fondamentalmente sono tutte collegate tra loro, la pazienza, che più di tutte serve nella vita pratica, è legata all’amore. Non si può amare senza essere pazienti e non si può essere pazienti se non si ama. L’amore produce pazienza, si manifesta nella pazienza e, se a renderci capaci di amare è l’amore di Dio (dove per DIo intendo qualunque Entità Divina, a seconda della filosofia religiosa che si segue, non mi riferisco al Dio dei Cristiani o dei Cattolici in particolare), a far crescere quest’amore è la pazienza. Anche nella chiesa, oltre all’amore di Dio, si deve manifestare la pazienza, perché dove non c’è pazienza, non c’è neppure chiesa.
“ L’amore è paziente,…… non s’inasprisce…… soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa” 1 Corinzi 13:4-7
La pazienza può essere definita come:
la virtù di chi sa tollerare a lungo e serenamente tutto ciò che, in minore o maggior misura, risulta sgradevole, irritante, doloroso; l’abilità di saper attendere le cose a venire e di rimanere fermi durante l’avversità; la capacità di saper aspettare Dio nei Suoi tempi e nei Suoi piani.
La prima definizione trova chiara spiegazione nell’esempio della madre che sopporta con amore e tenerezza anche le cose meno gradevoli del proprio bebè, e ciò perché, quando si ama davvero si è pazienti, dove c’è amore c’è anche pazienza.
Spetta a noi, dunque, non a Dio, vestirci di pazienza; è nostra responsabilità farlo, perché da come ci vestiamo dipende ciò che ci accadrà in futuro e, come nel naturale ci vestiamo quotidianamente, così nello spirituale dobbiamo indossare l’abito della pazienza ogni giorno, non occasionalmente.