Termine derivato dal greco arcetupon, modello, primo esemplare.
In letteratura il termine viene usato quando ci si vuol riferire ad un’opera che per prima ha assunto una certa configurazione che si è proposta come esempio da seguire a quelle successive.
In filosofia il termine viene impiegato per indicare quelle idee che si pongono come sfera trascendente rispetto alla materia, costituendo il modello eterno, in base al quale vengono a formarsi le cose. È questo il significato prevalso nella tradizione del pensiero, che trova la sua origine in Platone. Kant a sua volta parla di intellectus archetypus, intendendo l’intelletto divino che intuisce la realtà senza per questo essere costretto a fare i conti con l’esperienza sensibile.
Il termine viene usato anche in filologia, nel cui ambito con esso ci si riferisce ad un manoscritto perduto, ma tanto noto da poter essere ricostruito, attraverso la critica testuale, con sufficiente esattezza. L’Archetipo è un testo che, rispetto ai codici noti, è più vicino all’originale. Tale vicinanza è però relativa, poiché l’Archetipo può presentarsi guastato da interpolazioni o lacunoso, di modo che l’editore o curatore di un testo (talvolta indotto a postulare l’esistenza di più Archetipi), per porre a ciò rimedio, è spinto ad emendare il testo stesso per via di congetture.
Infine in psicologia il termine è diventato famoso grazie a Carl Gustav Jung il quale, nella sua concezione dell’inconscio collettivo, ha affermato la presenza di idee madri (appunto gli Archetipi) nella psiche arcaica. Ciò sarebbe testimoniato dall’affinità fra i riti ed i culti dei primitivi e le immagini dei sogni, che sono tutti simboli radicati nel profondo dell’anima collettiva come serbatoio perenne, mantenendosi inalterato nel corso dei secoli e dei millenni.