Secondo Platone sarebbe sta un'isola felice, la cui storia enigmatica venne narrata a Solone da un sacerdote del dio egizio Sais. Egli faceva riferimento ad un vasto continente retto a monarchia e situato ad occidente, oltre le colonne d'Ercole (stretto di Gibilterra), nell'antico oceano Atlantico. Tale continente si sarebbe inabissato subito dopo il Diluvio Universale, nel corso di tremendi movimenti sismici e di riassestamento della crosta terrestre, che avrebbero sconvolto l'intero pianeta. Alcuni suoi superstiti si sarebbero rifugiati nel centro America, dando origine alle civiltà Maya ed Atzeca. Molti scrittori si sono ispirati a questa leggenda e, tra questi, Bacone, che nel suo romanzo utopistico scientifico "Nuova Atlantide" fa di tale continente il simbolo dell'aspirazione umana a realizzare uno stato universale ideale. Il Fulcanelli, nelle sue "Dimore filosofali", un'opera corposa edita dalle Mediterranee e definita "labirinto in cui sono sparsi i frammenti di un grandioso disegno alchemico", asserisce che la carenza di mezzi scientifici impedisce la penetrazione dei segreti degli abissi. Tuttavia alcuni frammenti di struttura terrestre sono stati portati in superficie, rivelando la loro origine lavica cristallizzatasi a contatto diretto con l'aria. Qindi si può dedurre che i vulcani espulsori di tale lava sorgessero su terre scoperte, non ancora inghiottite dalle acque. Nulla impedisce di pensare che l'Atlantide possa aver rappresentato una realtà nella notte dei tempi, e che la civiltà vi fosse tanto sviluppata da raggiungere quell'alto grado nei valori limite fissati da Dio al progresso umano, anche in campo tecnologico e scientifico. É il fatidico "tu non andrai oltre", un confine oltre il quale si manifestano i sintomi della decadenza che ne accelera la caduta definitiva, quando la rovina pressoché totale non è accentuata dall'inatteso scoppio di un colossale flagello, certamente imputabile alla volontà se non alla provvidenza divina.