Detto anche Bramanismo. Termine storicamente indicante la fase religiosa indiana successiva all'epoca vedica e conclusasi nel VII secolo. Fondata sull'esistenza di tre divinità principali, la trinità indiana, costituita da Brahmah, Siva e Visnù, cui seguono molte divinità minori che presiedono ai principali fenomeni del mondo. Si riferisce alla componente dottrinaria e di tecnica meditativa che si è mantenuta fedele ad un monismo privo di indulgenza, ed a pratiche in cui il sacrificio liturgico è solo il supporto al processo di dilatazione ed illuminazione mentale. Riconosce il primato spirituale del brahmano, quale tramite tra il mondo umano e la sfera del divino. Ciò in obbedienza a quanto citato nel Rig-Veda, ove si afferma che la bocca del Purusha (l'Uomo cosmico) generò i brahmana (braccia), i ksatrya (guerrieri), le anche ed i piedi, stabilendo inequivocabilmente la nobiltà interiore della casta sacerdotale. Questa era la sola idonea a possedere le formule magiche e le modalità di pronuncia, che rendono teurgicamente efficace il rito. Questo assunto trovò grande applicazione agli albori dell'induismo, poiché i brahmani vivevano allora per i soli compiti culturali e dottrinali, mentre l'idea del sacrificio si trovava al centro delle speculazioni mentali, oltre a costituirsi come karma-marga, via delle opere rituali. In seguito però subì influenze gnostiche (jnana-marga), delle pratiche ascetiche (tapo-marga), del vortice samsarico e della correlata credenza nella trasmigrazione del principio vitale. Tutte deviazioni che originariamente non erano state previste dal corpo dottrinario brahmanico. Ne conseguì la necessità di frenare gli slanci mistici della via della devozione (bhakti-marga) fidente in vari dei che, a partire dal XIV secolo, si era allacciata alla via dell'amore del Sufismo islamico. Fu allora inevitabile l'irrigidimento dei rappresentanti della tradizione brahmanica, provocato dalla volontà di mantenere intatta una situazione di privilegio spirituale e sociale, il che comportò anche la trasmissione di precisi e rigidi doveri. L'esistenza del brahmano ortodosso deve tuttora svolgersi su quattro fasi, alle quali non può e non deve sottrarsi:
1) il noviziato, in età giovanile, durante il quale si deve apprendere la dottrina dei Veda con un apposito maestro (guru), con il quale approfondisce le scienze sacre, tra cui il sanscrito, la lingua ufficiale del Brahmanesimo e di tutta l'alta cultura induista;
2) la vita familiare, durante la quale esaurisce i suoi doveri di uomo (procreazione di un figlio, sua educazione, pratica dei sacrifici);
3) la rinuncia del mondo, attraverso la preghiera ed il ritiro nella vita solitaria;
4) l'accesso alla condizione di monaco mendicante (bhiksu), teso unicamente al conseguimento della visione del brahman, ma anche disposto ad accogliere discepoli ed a predicare nei centri urbani, facendo dipendere la propria sopravvivenza solo dalla pubblica carità, in grazia della legge del karman.