DolceLuna Team
Messaggi : 27214 Data d'iscrizione : 14.06.11 Età : 59 Località : Emilia - Romagna
| Titolo: 06 DICEMBRE 2015 Dom Dic 06, 2015 6:11 am | |
| PREGHIERA DI NATALEPREGHIERA DI NATALE (Preghiera di Natale e Avvento di Padre Antonio Rungi)Verbo Incarnato, che nuovamente condividi con noi il tuo Natale insegnaci a condividere con gli altri i nostri progetti di pace e solidarietà. Tu che nella Grotta di Betlemme hai proposto agli uomini di ogni tempo un itinerario di amore e riconciliazione illumina l'umanità di oggi a ritrovare la strada che porta ad incontrare l'altro nel dialogo, nell'amore e nel rispetto profondo. Piccolo grande Dio, che nell'umiltà più sentita hai indicato in Te la via maestra che porta alla verità aiutaci ad eliminare da questa terra l'orgoglio, la falsità e la menzogna, cause dirette del male del mondo moderno. Tu che leggi nel profondo di ogni cuore trasforma i nostri personali risentimenti in atteggiamenti e comportamenti fraterni, gli unici che danno gioia vera e trasformano il Natale in festa vera. Messia atteso da secoli e giunto nella pienezza dei tempi guida l'umanità del terzo millennio verso mete di giustizia più certe per ogni uomo di questa Terra. Tu che tutto sai e puoi conosci le attese di ciascuno di noi anche per questo annuale anniversario della tua venuta tra noi fa nascere nel cuore di tutti gli uomini della terra un solo raggio della tua infinita carità e della tua bontà illimitata. Non permettere, Gesù, Figlio dell'Uomo, che nessun bambino, giovane, adulto ed anziano del Pianeta Terra continui a soffrire a causa della cattiveria che si annida nel cuore di tanta gente. Fa di tanti cuori segnati dall'odio e dalla morte cuori capaci di amare e di perdonare come tu hai perdonato alla Maddalena, ai tuoi crocifissori ed al buon ladrone morto in croce accanto a Te sul Golgota. Dalla capanna di Betlemme anche quest'anno si irradi in tutto il mondo la luce del tuo Natale, che è sempre motivo di speranza e di pace per l'intera umanità.IMMAGINE DI NATALE LA VEGLIA DI NATALEVEGLIA DI NATALE DI BAGNO A RIPOLI (FI)I ‐ Lo specifico dell’esperienza di fede degli Ebrei, e poi anche dei discepoli di Gesù, sta nel credere che anzitutto è Dio ad essere in cerca dell’uomo e non viceversa. Si racconta nell’Antico Testamento che i tentativi umani di dare l’assalto al Cielo sono falliti: pensiamo alla tentazione di Eva di diventare come Dio, pensiamo alla Torre di Babele come volontà di sostituirsi a Lui oppure al ‘vitello d’oro’ per carpirne l’immagine, che in linguaggio ebraico significa volerlo agguantare, possedere, manipolare. Se non fosse Dio ad avvicinarsi a noi, a ‘scendere’ accanto a noi, non ci sarebbe nessun incontro. Nel Nuovo Testamento S. Paolo e l’Evangelista Giovanni dicono che Gesù, il Figlio primogenito del Padre, è Dio fatto uomo. Anche Gesù, più volte, ha affermato la sua identità col Padre che sta nei Cieli, pur marcandone la distinzione. “Filippo – disse una volta Gesù ‐ chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?” (Giovanni 14,9‐10) Il Natale è il giorno in cui facciamo memoria del Figlio di Dio che si fa uomo, nascendo da una fanciulla di nome Maria. Per significare Dio che si fa uomo, nella tradizione cristiana, si usa la parola incarnazione; fu S. Ireneo nel II secolo ad adoprarla per primo, ed è proprio questa la rivelazione centrale del Nuovo Testamento. Anche altre religioni hanno intuito che fra Dio e gli uomini ci deve essere in qualche modo una forma di comunicazione, ma ne hanno dato un significato totalmente diverso. Nell’Induismo, per esempio, si parla di ‘Avatar’, una discesa di Dio sulla terra per proteggere i giusti e distruggere i malvagi. Anche nel Paganesimo si racconta di alcuni dèi che assumono sembianze umane, ma Gesù è venuto in un modo che smentisce tutto quello che avevamo pensato su Dio. Se Dio esiste, si pensava, non può essere che onnipotente, immenso, uno che può fare tutto quello che vuole; invece, già nella Bibbia ebraica, la sua onnipotenza si chiama misericordia; con Gesù poi l’immensità di Dio si manifesta nel nascondimento, e la sua forza nella fragilità di un bimbo appena nato; inoltre il racconto della nascita di Gesù rimanda subito alla fine della sua vita: nasce in un paese chiamato Bethleem che vuol dire ‘Casa del pane’; Maria depone il figlio in una mangiatoia e così, senza saperlo, anticipa il gesto dell’Ultima Cena in cui Gesù si offre come cibo per essere mangiato; e ancora, “Ecco il segno dell’arrivo del Salvatore!” dice l’Angelo. Uno si aspetta chissà che cosa! poi l’Angelo aggiunge semplicemente: “Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Esiste un segno più normale di un bimbo appena nato? Sono trascorsi secoli da quel momento e ancora non abbiamo ben capito il senso di quell’evento! Siamo ancora prigionieri di una comprensione di Dio come di uno che può tutto, che sa tutto, che può fare tutto quello che vuole. Giovanni inizia così il suo Vangelo: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.........E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. (Giovanni 1,1‐3......14) E S. Paolo nella sua lettera ai cristiani di Filippi, scrive: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù; Egli, di condizione divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la 3 condizione di servo e diventando come gli altri uomini. Avendo assunto la condizione di uomo, si umiliò ancora facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. (Filippesi 2,5‐8 ) Dio in Gesù si svuota della sua divinità, si china sull’uomo per essere accanto a lui nella gioia, nel dolore e nella morte e uscirne insieme.
II ‐ Allora la vita di Gesù è un’esaltazione del fallimento e della sconfitta e una condanna del successo? No, la vita di Gesù è un’esaltazione della fecondità, che ha i suoi tempi di crescita rispetto all’efficientismo oggi così onorato. E’ l’annuncio che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto, ma per esplodere in una vita più piena. E’ l’affermazione che anche la sconfitta può diventare rilancio di una speranza più matura. Il mondo non è già fatto, è in via di farsi. Noi crediamo che Dio, in quel tempo lontano, l’ha abbozzato in 6 giorni e al 7° si è ritirato in un lungo Sabato che dura tutt’ora, perché la vita si sviluppi col contributo delle sue creature. Ecco il tragitto della storia di Dio con gli uomini raccontato dalla Bibbia: l’iniziativa di Dio parte dalla creazione, frutto della sua volontà di comunicare vita, passa attraverso l’incarnazione del suo Figlio che, vivendo la medesima vita delle sue creature senza privilegi divini, apre la speranza nel Regno di Dio, per giungere al compimento del Regno dove le sue e le nostre fatiche si risolveranno in un incontro, dove finalmente le lacrime sul volto degli uomini saranno asciugate, la morte sarà vinta ed Egli sarà tutto in tutti. L’incarnazione è una tappa di questa iniziativa di Dio e non è una perdita temporanea e per nulla rischiosa della sua divinità, è conseguenza del suo ‘essere amore che si dona’; Dio è così e con l’incarnazione mette in gioco la sua divinità. Abbiamo letto dalla Lettera di Paolo ai cristiani di Filippi che Gesù, pur essendo di condizione divina, non ha voluto tenere avidamente per sé la sua divinità, ma l’ha annientata fino all’estrema umiliazione della croce. Sergio Quinzio, un grande teologo e saggista dei nostri tempi, riflette così su questo evento: ‐ Come se considerasse colpa il suo essere Dio, il suo possedere tutto senza pagare nulla, mentre le sue creature la vita la pagano cara! In questo gesto di gettare via la divinità per amore, per poi ritrovarla trasformata in pietà e tenerezza per le sue creature, sta Dio! – Dio perdendo tutto in Gesù, ha ritrovato tutto. Gesù salva Dio dalla sua insignificanza nei nostri riguardi; che senso avrebbe per noi un Dio alla ‘Giove’ che se ne sta in trono a premiare e a punire? Siamo salvi perché contenuti in questo suo grande amore, è questo il Dio in cui siamo invitati a sperare e a credere. L’incarnazione rivela anche l’uomo a se stesso perché è fatto a immagine e somiglianza del suo Creatore. L’uomo ha in sé strutture di onnipotenza che lo seducono e lo spingono a realizzarsi nel ‘potere’ sull’altro, nel ‘possedere’ persone e cose piuttosto che avvicinarsi a loro con amore, rispettandone l’alterità. Ma il volto di Dio che si manifesta nell’incarnazione del suo Figlio ci dice che Lui non è così; e l’uomo, a sua somiglianza, non ha in sé il baricentro della sua vita, ce l’ha nell’incontro con l’altro; è nella relazione che si realizza e la relazione è un rischio, non può essere ‘blindata’. Ricordiamo che la Bibbia si apre con l’uomo che vuol diventare Dio e si chiude con Dio che si fa uomo. L’alternativa è sempre fra ‘potere’ e ‘amore’, fra costruire la propria vita sul dominio, o sulla relazione con gli altri e con l’Altro.
III – Ma noi non abbiamo il coraggio di tirare le conseguenze fino in fondo di un Dio che si fa uomo. In fondo, stranamente, a noi piace più un Dio‐padrone che un Dio‐padre, è meno responsabilizzante. Nella storia dei cristiani, questa rivelazione è sempre stata accolta con difficoltà e spesso si è cercato di alleggerirne la portata ‘scandalosa’. Era inconcepibile che l’immenso, l’eterno, l’infinito si potesse esser fatto limite, fragile, povera carne umana. Era inconcepibile, anzi blasfemo, credere che Dio si fosse manifestato nell’amore sconfitto e non nella potenza di un giudice giusto e inesorabile. Per gli Ebrei questo è stato sempre un ostacolo insormontabile. Pensiamo che la vita di Gesù, Messia e Figlio di Dio, è racchiusa fra questi due estremi: un bimbo nudo nato in una stalla e deposto in una mangiatoia perché all’albergo per lui non ci fu posto; un uomo nudo appeso ad una croce come un delinquente, che perdona chi l’ha crocifisso. Non stupisce che si fatichi a riconoscere in lui il volto di Dio! Fin dall’inizio alcuni cristiani, per aggirare l‘ostacolo, dissero che Gesù non era veramente uomo. Era Dio che, per apparire davanti a noi, aveva fatto finta di farsi uomo, per cui quando si dice che Gesù ebbe paura, che dubitò di essere abbandonato dal Padre, che gridò di dolore, oppure quando si racconta che andava a bere un bicchier di vino con gli amici, tutti questi erano solo modi di dire perché sarebbero state esperienze indegne della sua divinità; erano finzioni per farsi capire da noi, tanto lui sapeva bene come sarebbe andata a finire! Ma la speranza della salvezza sta nel fatto che Dio sposa la nostra fragilità; è assumendola che la redime, è caricandosela sulle spalle che ci salva, diversamente la vita di Gesù è ridotta ad una farsa. Altri dicevano che Gesù, al massimo, si può considerare un grande profeta, sulla linea dei Profeti dell’Antico Testamento: un semplice uomo, nulla di più. L’assurdo di un Dio che si ‘svuota’ del suo essere Dio, che si dimentica di essere Dio per stare accanto all’uomo senza corsie preferenziali, era troppo difficile da accettare! Ma le Chiese, insieme ai loro Pastori, hanno sempre resistito di fronte a queste riduzioni e hanno riaffermato la notizia stupefacente del Nuovo Testamento, che Gesù è ‘vero Dio e vero uomo’, che in lui Dio ha annullato la sua divinità per essere con le sue creature fino in fondo.
IV – Nonostante questo, noi cristiani, siamo sempre tentati di pensare Dio con le categorie filosofiche classiche, proiettando su di lui i nostri deliri di onnipotenza. Ma Gesù rivela un volto di Dio diverso e chi si dice suo discepolo è invitato a stracciare l’immagine che si è fatta di Lui e a penetrare il mistero del Messia di Nazareth; in Lui si esprime la più grande forza vitale che si possa immaginare, ma di altro tipo rispetto a quella violenta del potere. Già nell’Antico Testamento ci si incontra con un Dio diverso da quello classico di altre esperienze religiose: Iddio che si rivela a Mosè è Iddio degli schiavi, degli ultimi, non Iddio del faraone; è colui che ascolta il grido che nessuno ascolta; non è Iddio che legittima l’autorità del faraone, non è Iddio che benedice il ‘sistema’. Ebbene Gesù si inserisce su questa linea e la porta alle estreme conseguenze. Ma anche la Chiesa, come Israele dopo Mosè, si è allontanata da questo orizzonte e piano piano si è fatta riassorbire dalla logica del potere, diventando spesso la ‘religione del sistema’. Intendiamoci, non vogliamo dire che Dio non si cura di chi non è ‘schiavo e piccolo’, fra l’altro noi non siamo né piccoli né schiavi, ma a noi Dio chiede di avere a cuore i ‘piccoli’, di inserirsi nel loro cammino di riscatto e di liberazione e che solo così possiamo giungere a lui. Non aspettiamoci che una Chiesa diversa, fedele al suo Maestro, nasca dall’alto per decreto dei suoi Pastori. Certo anche loro hanno una funzione importante, come minimo quella di non impedire, se non di incoraggiare, l’assunzione di responsabilità da parte delle Comunità cristiane. Una Chiesa fedele nascerà solo se singoli cristiani e comunità di credenti (a piccoli passi perché sono quelli che contano) faranno diventare loro patrimonio quello che Dio disse a Mosè: “Ho inteso il grido degli schiavi......” e soprattutto la testimonianza di Gesù che si è spogliato del suo essere Dio, assumendo per amore la condizione di piccolo accanto agli ‘ultimi’. Certo le Comunità cristiane, parrocchiali e non, non sono abituate ad assumersi queste responsabilità, dovranno iniziare un cammino verso il deserto, abbandonando obbedienze rassicuranti. Andare nel deserto è pericoloso, non ci sono piste o muri di cinta, nel deserto c’è libertà e quindi più pericolo di sbagliare; ma è proprio questa la libertà! Detto in altre parole bisogna passare da ‘osservanti’ a ‘credenti’. Credente non è uno che ha creduto una volta per tutte, il cui nome è scritto nei registri di Battesimo degli archivi parrocchiali, ma è uno che ‘sta credendo’ (credente è un participio presente), uno che prova ogni giorno a cominciare a credere rischiando di essere smentito o sconfitto dagli avvenimenti, uno che rinnova ogni giorno la sua fede.NEL GIARDINO DEGLI ANGELI QUADRETTO Bianca se ne sta seduta in una poltroncina dinanzi al caminetto su cui scoppietta con mille guizzi, sospiri e faville, un fuocherello allegro e vivace.... La bambina tutta è ravvolta in un ampio e candido accappatoio, che le scendo sino ai piedini ignudi, stesi verso le fiamme rossastre, di cui ricevono il mite calore. I riccioli biondi e lunghi scendono capricciosamente sulle spalle della fanciulla, contornando un visino roseo, dagli occhi celesti e pieni d'espressione, dalla bocca piccola e graziosa, che schiusa a dolce sorriso, lascia scorgere due file compatte di dentini d'avorio d'un bianco immacolato. E' sola, nella tepida cameretta azzurra, a ode soltanto il russar del fuoco..... Sulle sue ginocchia sonnecchia, facendo le fusa, un gattino graziosissimo dal pelo fino, morbido e bianco come il latte....Essa lo contempla silenziosa, senza trarre il fiato, per paura di rompergli il sonno, col gomito destro appuntato al ginocchio,e la testina, bionda e ricciuta inclinata sulla palma della mano...- Com'è carino ! com'è carino ! - mormora ad un tratto la bambina con subitanea ed infantile ammirazione, facendo scorrere la manina affusolata sulla pelliccia candida del grazioso animale. Al delicato contatto, esso si desta, stirandosi vigorosamente e girando attorno gli occhi assonnati ; ma vedendosi in grembo della padroncina, tosto si raggomitola tutto sotto la mano che lo accarezza, rispondendo ai baci che la fanciulla gli va prodigando con un miagolio sommesso, quasi riconoscente. Nascosta dietro il panneggiamento dell' uscio, la mamma commossa e silenziosa contempla la scena.GLI ANIMALI DI NATALE – TRADIZIONELE PECORELe pecore rappresentano l’essere umano che va verso il Divino. Le pecore, sempre presenti nel presepe, sono bisognose della custodia dei pastori, ed a loro si affidano con ingenuità e mansuetudine, sono chiari simboli di fiducia, devozione, innocenza ed onestà.
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