Unità di misura temporale, corrispondente al periodo di una rivoluzione della terra intorno al sole, che ha la durata complessiva di 365 giorni, 6 ore, 9 minuti primi e 9 minuti secondi, denominato anno sidereo od astrale. Per effetto della precessione degli equinozi, esso risulta abbreviato a 365 giorni, 5 ore, 48 minuti primi e 46 minuti secondi. L’avvicendamento delle stagioni ed il sentimento della circolarità del tempo, anzi dell’eterno ritorno di focali situazioni cosmologiche e stagionali, furono costantemente presenti all’uomo tradizionale. Ecco perché il periodico ritorno di un astro o di una costellazione, come ogni transito stagionale, sono sempre stati salutati con particolare solennità, presso le comunità arcaiche o premoderne in genere. Si riteneva che in ciascuno di essi si rivelasse un momento privilegiato, in cui era possibile rigenerare l’intero universo grazie ad appositi riti, riproducenti il districarsi primigenio del caos, il suo farsi cosmo, ovvero ordine ed armonia. Equinozi e solstizi, vennero perciò intesi come momenti favorevoli per cacciare demoni, malattie e peccati. Ne danno testimonianza tanto gli antichi rituali babilonesi come le attuali tradizioni popolari, più o meno deformate rispetto all’antico, sparse in tutto il globo. Questo trova eloquente illustrazione nei riti di capodanno. Un caso particolare è rappresentato dall’anno sabbatico, lungo il cui corso veniva sospesa la lavorazione della terra da parte degli Ebrei, secondo quanto stabilito dalla Legge (Levitico XXV, Deuteronomio XV), per commemorare il riposo del Signore al settimo giorno della Creazione, e per lasciare riposare la stessa terra. In quell’anno i prodotti spontanei erano assegnati ai poveri e sussisteva l’obbligo di condonare i debiti. In Luca (4, 19) Gesù designa la sua venuta come compimento dell’anno sabbatico.