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 SANT' AGATA

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SANT' AGATA Empty
MessaggioTitolo: SANT' AGATA   SANT' AGATA EmptyMar Feb 05, 2013 9:39 pm

Si celebra il: 5 febbraio

Muore a: Catania il 5 Febbraio 251

Patronato: Pompieri, Catania, Repubblica di San Marino

Etimologia: Agata = buona, virtuosa, dal greco

Emblema: Giglio, Palma, Pinze, Seni (su di un piatto)

Martirologio Romano: Memoria di sant’Agata, vergine e martire, che a Catania, ancora fanciulla, nell’imperversare della persecuzione conservò nel martirio illibato il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per Cristo Signore. Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l'uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251.

La celebrazione liturgica o il culto: Sant’Agata il cui nome in greco Agathé, significava buona, fu martirizzata verso la metà del III secolo, alcuni reperti archeologici risalenti a pochi decenni dalla morte, avvenuta secondo la tradizione il 5 febbraio 251, attestano il suo antichissimo culto. Agata nacque nei primi decenni del III secolo, tra il 231 ed il 235, a Catania; la Sicilia, come l’intero immenso Impero Romano era soggetta in quei tempi alle persecuzioni contro i cristiani, che erano cominciate, sia pure occasionalmente, intorno al 40 d.C. con Nerone, per proseguire più intense nel II secolo, giustificate da una legge che vietava il culto cristiano. Nel III secolo, l’editto dell’imperatore Settimio Severo, stabilì che i cristiani potevano essere prima denunciati alle autorità e poi invitati ad abiurare in pubblico la loro nuova fede. Se essi accettavano di ritornare al paganesimo, ricevevano un attestato (libellum), che confermava la loro appartenenza alla religione pagana, in caso contrario se essi rifiutavano di sacrificare agli dei, venivano prima torturati e poi uccisi. Era un sistema spietato e calcolato, perché l’imperatore tendeva a fare più apostati possibile che martiri, i quali venivano considerati più pericolosi dei cristiani vivi. Nel 249 l’imperatore Decio, visto il diffondersi comunque del cristianesimo, fu ancora più drastico; tutti i cristiani denunciati o no, dovevano essere ricercati automaticamente dalle autorità locali, arrestati, torturati e poi uccisi. In quel periodo Catania era una città fiorente e benestante, posta in ottima posizione geografica; il suo grande porto, costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo. E come per tutte le città dell’Impero Romano, anche Catania aveva un proconsole o governatore, che rappresentava il potere decentrato dell’impero, ormai troppo vasto; il suo nome era Quinziano, uomo brusco, superbo e prepotente e circondato da una corte numerosa, con i familiari, un numero enorme di schiavi e con le guardie imperiali, dimorava nel ricco palazzo Pretorio con annessi altri edifici, in cui si svolgevano tutte le attività pubbliche della città. Secondo la ‘Passio Sanctae Agathae’ risalente alla seconda metà del V secolo e di cui esistono due traduzioni, una latina e due greche, Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia catanese, il padre Rao e la madre Apolla, proprietari di case e terreni coltivati, sia in città che nei dintorni, essendo cristiani, educarono Agata secondo la loro religione. Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio. Nei primi tempi del cristianesimo le vergini consacrate, con il loro nuovissimo stile di vita, costituivano un’irruzione del divino in un mondo ancora pagano e in disfacimento. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata ‘velatio’, le impose il ‘flammeum’, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate.
Nel mosaico di S. Apollinare Nuovo in Ravenna del VI secolo, è raffigurata con la tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla, abbigliamento che lascia supporre che fosse diventata diaconessa. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla e se ne incapricciò, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’accusò di vilipendio della religione di Stato, accusa comune a tutti i cristiani, quindi ordinò che la catturassero e la conducessero al Palazzo Pretorio. Qui subentrano varie tradizioni popolari, che indicano Agata che scappa per non farsi arrestare e si rifugia in posti indicati dalla tradizione, in una contrada poco distante da Catania, Galermo, oppure a Malta, oppure a Palermo; ma comunque ella viene catturata e condotta da Quinziano. Il proconsole quando la vede davanti viene conquistato dalla sua bellezza e una passione ardente s’impadronisce di lui, ma i suoi tentativi di seduzione non vanno in porto, per la resistenza ferma della giovane Agata. Egli allora mette in atto un programma di rieducazione della ragazza affidandola ad una cortigiana di facili costumi di nome Afrodisia, affinché la rendesse più disponibile. Trascorse un mese, sottoposta a tentazioni immorali di ogni genere, con festini, divertimenti osceni, banchetti; ma lei resistette indomita nel proteggere la sua verginità consacrata al suo Sposo celeste, al quale volle rimanere fedele ad ogni costo. Sconfitta e delusa, Afrodisia riconsegna a Quinziano Agata dicendo: “Ha la testa più dura della lava dell’Etna”. Allora furioso, il proconsole imbastì un processo contro di lei, che si presentò vestita da schiava come usavano le vergini consacrate a Dio; “Se sei libera e nobile” le obiettò il proconsole, “perché ti comporti da schiava?” e lei risponde “Perché la nobiltà suprema consiste nell’essere schiavi del Cristo”. Il giorno successivo altro interrogatorio accompagnato da torture, tralasciamo i testi degli interrogatori per motivo di spazio, del resto sono articolati diversamente da una ‘passio’ all’altra. Ad Agata vengono stirate le membra, lacerata con pettini di ferro, scottata con lamine infuocate, ma ogni tormento invece di spezzarle la resistenza, sembrava darle nuova forza, allora Quinziano al colmo del furore le fece strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Questo risvolto delle torture, costituirà in seguito il segno distintivo del suo martirio, infatti Agata viene rappresentata con i due seni posati su un piatto e con le tenaglie. Riportata in cella sanguinante e ferita, soffriva molto per il bruciore e dolore, ma sopportava tutto per l’amore di Dio; verso la mezzanotte mentre era in preghiera nella cella, le appare s. Pietro apostolo, accompagnato da un bambino porta lanterna, che la risana le mammelle amputate.
Trascorsi altri quattro giorni nel carcere, viene riportata alla presenza del proconsole, il quale visto le ferite rimarginate, domanda incredulo cosa fosse accaduto, allora la vergine risponde: “Mi ha fatto guarire Cristo”. Ormai Agata costituiva una sconfitta bruciante per Quinziano, che non poteva sopportare oltre, intanto il suo amore si era tramutato in odio e allora ordina che venga bruciata su un letto di carboni ardenti, con lamine arroventate e punte infuocate. A questo punto, secondo la tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue carni, non brucia il velo che lei portava; per questa ragione “il velo di sant’Agata” diventò da subito una delle reliquie più preziose; esso è stato portato più volte in processione di fronte alle colate della lava dell’Etna, avendo il potere di fermarla.
Mentre Agata spinta nella fornace ardente muore bruciata, un forte terremoto scuote la città di Catania e il Pretorio crolla parzialmente seppellendo due carnefici consiglieri di Quinziano; la folla dei catanesi spaventata, si ribella all’atroce supplizio della giovane vergine, allora il proconsole fa togliere Agata dalla brace e la fa riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo.
Dopo un anno esatto, il 5 febbraio 252, una violenta eruzione dell’Etna minacciava Catania, molti cristiani e cittadini anche pagani, corsero al suo sepolcro, presero il prodigioso velo che la ricopriva e lo opposero alla lava di fuoco che si arrestò; da allora s. Agata divenne non soltanto la patrona di Catania, ma la protettrice contro le eruzioni vulcaniche e poi contro gli incendi.
L’ultima volta che il suo patrocinio si è rivelato valido, tramite il miracoloso velo, portato in processione dall’arcivescovo di Catania, è stata nel 1886, quando una delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, minacciava la cittadina di Nicolosi, posta sulle pendici del vulcano e che venne risparmiata dalla distruzione.
Nel 1040 le reliquie della santa, furono trafugate dal generale bizantino Giorgio Maniace, che le trasportò a Costantinopoli; ma nel 1126 due soldati della corte imperiale, il provenzale Gilberto ed il pugliese Goselmo, le riportarono a Catania dopo un’apparizione della stessa santa, che indicava la buona riuscita dell’impresa; la nave approdò la notte del 7 agosto ad Aci Castello, tutti i catanesi risvegliatisi e rivestitisi alla meglio, accorsero ad onorare la “Santuzza”.
Nei secoli le manifestazioni popolari legate al culto della santa, richiamavano gli antichi riti precristiani alla dea Iside, per questo s. Agata con il simbolismo delle mammelle tagliate e poi risanate, assume una possibile trasfigurazione cristiana del culto di Iside, la benefica Gran Madre, anche se era appena una quindicenne. Ciò spiegherebbe anche il patronato di s. Agata sui costruttori di campane, perché si sa, nei culti precristiani la campana era simbolo del grembo della Mater Magna. Le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa argentea, opera di celebri artisti catanesi; vi è anche il busto argenteo della “Santaituzza”, opera del 1376, che reca sul capo una corona, dono secondo la tradizione, di re Riccardo Cuor di Leone. Il culto per s. Agata fu talmente grande, che fino al XVI secolo, essa era contesa come appartenenza anche da Palermo, la questione è stata a lungo discussa, finché a Palermo il culto per la santa, fu soppiantato da quello per s. Rosalia. Anche a Roma fu molto venerata, papa Simmaco (498-514) eresse in suo onore una basilica sulla Via Aurelia e un’altra le fu dedicata da S. Gregorio Magno nel 593.
Nel XIII secolo nella sola diocesi di Milano si contavano ben 26 chiese a lei intitolate. Celebrazioni e ricorrenze per la sua festa avvengono un po’ in tutta Italia, perfino a San Marino, ma è Catania il centro più folcloristico e religioso del suo culto, le feste sono due il 5 febbraio e il 17 agosto, con caratteristiche processioni con il prezioso busto della santa, custodito nel Duomo.
Vi sono undici Corporazioni di mestieri tradizionali, che sfilano in processione con le cosiddette ‘Candelore’ fantasiose sculture verticali in legno, con scomparti dove sono scolpiti gli episodi salienti della vita di s. Agata. Il busto argenteo, preceduto dalle ‘Candelore’ è posto a sua volta sul “fercolo”, una macchina trainata con due lunghe e robuste funi, da centinaia di giovani vestiti dal caratteristico ‘sacco’.
Tante altre manifestazioni popolari e folcloristiche, oggi non più in uso, accompagnavano nei tempi trascorsi questi festeggiamenti, a cui partecipava tutto il popolo con le Autorità di Catania, devotissimo alla sua ‘Santuzza’. Le reliquie della santa furono trafugate a Costantinopoli nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace. Nel 1126 due soldati dell'esercito bizantino, di nome Gilberto e Goselmo (uno di origine francese e l'altro calabrese), le rapirono per consegnarle al vescovo di Catania Maurizio nel Castello di Aci odierna Aci Castello. Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono nel duomo di Catania. Questi resti sono oggi conservati in parte all'interno del prezioso busto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni) e in parte dentro a reliquiari posti in un grande scrigno, anch'esso d'argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo). Altre reliquie della Santa, come ad esempio piccoli frammenti di velo e singole ossa, sono custodite in chiese e monasteri di varie città italiane e estere. Fra tutte le città italiane di cui sant'Agata è compatrona, Galatina, in Puglia, sono coinvolte in una singolare contesa che vede come protagonista una reliquia di sant'Agata, la mammella. Una leggenda diffusa in Puglia spiegherebbe con un miracolo la presenza della reliquia a Gallipoli. Si dice che l'8 agosto del 1126 sant'Agata apparve in sogno a una donna che si era addormentata dopo aver lavato i panni nella spiaggia della Purità a Gallipoli e avvertì che il suo bambino stringeva qualcosa tra le labbra: era la mammella della Santa. La donna si svegliò e ne ebbe conferma, ma non riuscì a convincerlo ad aprire la bocca. Tentò a lungo: poi, in preda alla disperazione, si rivolse al vescovo,che celermente giunse nella spiaggia insieme ad altri ecclesiastici.Il prelato recitò una litania invocando tutti i santi, e soltanto quando pronunciò il nome di Agata il bimbo aprì la bocca. Da essa venne fuori una mammella, evidentemente quella di sant'Agata. La reliquia rimase a Gallipoli, nella Basilica Concattedrale di Sant'Agata, dal 1126 al 1389, quando il principe Del Balzo Orsini la trasferì a Galatina, dove fece costruire la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria d'Egitto, nella quale è ancora oggi custodita la reliquia presso un convento di frati francescani. Il velo di sant'Agata è una reliquia conservata nella cattedrale di Catania in uno scrigno d'argento insieme ad altre reliquie della santa. Secondo una leggenda è un velo usato da una donna per coprire la Santa durante il martirio con i carboni ardenti. Nei fatti il cosiddetto "velo" di colore rosso faceva parte del vestimento con cui Agata si presentò al giudizio, essendo questo, indossato su una tunica bianca, l'abito delle diaconesse consacrate a Dio. Secondo un'altra leggenda il velo era bianco e diventò rosso al contatto col fuoco della brace. Nel corso dei secoli, venne più volte portato in processione come estremo rimedio per fermare la lava dell'Etna.

Località di cui è patrona:

La Repubblica di San Marino dove è compatrona
In Belgio: Berchem-Sainte-Agathe
In Francia: Le Fournet - Saint-Pierre-d'Albigny in Savoia - Maillane in Provenza - Gundolsheim - Montchavin-Les-Coches - La Plaine-des-Palmistes nell'Isola de La Réunion - Blanzay - Sulignat - Rumilly
In Malta: Mdina
Nei Paesi Bassi: Beverwijk e Leidschendam
In Spagna: Sorihuela del Guadalimar - Alsasua in Navarra - Castrejón de la Peña - Pinarejo - Peñalba de San Esteban - Baracaldo e Castrejana in Biscaglia - Villalba del Alcor e Gorbea (Paesi Baschi) - Echo in Aragona - Veganzones - Jérica - Xilxes - Lagata - Benicàssim - Sencelles - Zaidìn - Catral - Torres de Berrellén - El Molar
In Germania: Aschaffenburg - Agathaberg
In Canada: Sainte-Agathe-des-Monts
In Italia, invece, è patrona di:
Alì (ME)
Asciano (SI)
Basiglio (MI)
Besenello (TN)
Bulgarograsso (CO) compatrona
Campogialli (AR)
Capua (CE) compatrona
Catania
Commezzadura (TN)
Faedo (TN)
Filogaso (VV)
Gallipoli (LE) compatrona
Guardabosone (VC)
Marcignago (PV)
Martinengo (BG)
Montiano (FC)
Monticello Brianza (LC)
Moransengo (AT)
Ornago (MB)
Oviglio (AL)
Palermo compatrona
Pontestura (AL)
Prossedi (LT)
Radicofani (SI)
Sant'Agata Bolognese (BO)
Sant'Agata del Bianco (RC)
Sant'Agata di Puglia (FG) compatrona
Sant'Agata Feltria (RN)
Sant'Agata Fossili (AL)
Sant'Agata Irpina (AV)
Sant'Agata sul Santerno (RA)
Santhià (VC)
Sfruz (TN)
Tovo di Sant'Agata (SO)
Trescore Cremasco (CR)
Tremenico (LC)
Venaus (TO) compatrona
Viarigi (AT)

PREGHIERE A SANT’AGATA

Preghiera dei Catanesi


O gloriosa vergine e martire sant’Agata
tu che sin dalla prima età consacrasti a Dio la mente e il cuore,
tu che imitasti l’Agnello immacolato nell’esimia purezza della vita,
nell’esercizio delle più eroiche virtù
nella lotta gloriosa del martirio,
prega per noi,
ottienici di rassomigliarti:
che la fede divina illumini la nostra mente
e muova le nostre azioni;
che siamo e ci mostriamo dappertutto cristiani,
senza rispetto umano;
che otteniamo per i tuoi meriti
il trionfo sulle nostre passioni
e sugli assalti di satana;
che accesi come te di ardente zelo
possiamo essere fatti degni di esercitare
un santo apostolato a pro degli altri;
che raggiungiamo il fine per cui il buon Dio ci creò e ci redense,
la beata corona del paradiso.
Amen.

Preghiera alla Santa

O gloriosa sant'Agata, che per non tradire la fede giurata a Gesù,
generosamente sprezzaste tutte le offerte del governatore Quinziano, quando
vi cercò in sposa e protestaste con coraggio di voler subire tutti i supplizi
anziché rinnegare la vostra fede, fate che l'interesse ed il rispetto
umano non ci portino a violare i nostri santi propositi. Voi che sapeste serbarvi
immacolata in mezzo alle tentazioni più pericolose e violente, otteneteci dal Signore
la grazia di resistere sempre coraggiosamente agli assalti del demonio e fate che
ci gloriamo sempre di essere seguaci del Crocifisso, disposti a soffrire anche la
morte piuttosto che offenderlo menomamente. Così sia

Preghiera a Sant’Agata

O gloriosa Vergine e Martire sant'Agata,
voi che sin dalla prima età consacraste a Dio la mente e il cuore,
voi che imitaste l'Agnello immacolato nella esimia purezza della vita,
nell'esercizio delle più eroiche virtù e nella lotta gloriosa del martirio;
deh! pregate per noi, otteneteci di rassomigliarvi.
Che la fede divina illumini la nostra mente e muova le nostre azioni!
Che siamo dappertutto cristiani, senza rispetto umano!
Che otteniamo per i vostri meriti, il trionfo sulle nostre ree passioni
e sugli assalti di satana!
Che raggiungiamo il fine per cui Dio ci creò e ci redense,
la beata corona del Paradiso. Così sia.

NOVENE A SANT’AGATA

CORONCINA DI SANT’AGATA


I. Verginella graziosa, di Gesù celeste sposa che in difesa della fede ti mettesti sotto il piede le minacce e il vano onore dell’iniquo e rio pretore. Fa’ che in noi conviva insieme vera fede, amore e speme.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

II. A convivere costretta nella casa maledetta, sempre di animo costante e a Gesù fedele amante, custodisti con fortezza la tua angelica purezza. Deh, ci ottiene dal Signore la beltà del tuo candore.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

III. Del divino ardor ripiena, ripigliasti nuova Iena in udir bestemmie ardite dal tiranno proferite onde tempio già deriso ti percosse ancor sul viso. Fa’ che noi soffriam disprezzi per goder gli eterni vezzi.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

IV. Sei l’esempio di costanza del tuo amante a somiglianza: nell’eculeo ligata, fosti tutta straziata sin dal sen ti fùron strappate le mammelle tue sacrate. Fa’ che abbiamo noi fortezza nel soffrir ogni amarezza.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

V. Per guarirti il casto petto scese Pier del ciel eletto con celeste medicina, ma tu amazzone eroina rifiutasti il grato unguento per aver maggior tormento. Fa’ che noi di questo mondo non alletti il senso immondo.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

Posta sopra ardente brace, non fu teco il fuoco audace anzi il cielo, assai sdegnato, per sì barbaro attentato, scoppiò i fulmini più fieri contro l’empio e i consiglieri. Fa’ che odiamo noi gli errori per schivar gli eterni ardori.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

VII. Ritornata alla prigione, quale intrepido campione, vincitrice trionfante, là nel mezzo già spirante, desti a Dio tuo corpo e vita, vera vittima gradita. Fa’ che tocchi a noi la sorte di ottener la stessa morte.
Rit.: O eroina del cielo, Agata bella,splendi al mio morir propizia stella.

ICONOGRAFIA DI SANT’AGATA

L'iconografia tradizionale ha rappresentato la giovane martire come una bellissima fanciulla: alta, bionda, dai lineamenti dolcissimi che avevano fatto perdere la testa a Quinziano. Spesso la si vede raffigurata con in mano il vassoio su cui sono poggiati i suoi seni recisi.
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