I vangeli canonici ignorano Sant’Anna. Solo quelli apocrifi parlano del pastore Gioacchino “appartenente alla tribù di Giudea”, il quale, da giovane, aveva preso in moglie Anna “della stirpe di Davide”. Dopo ben venti anni di matrimonio, Anna non gli aveva dato figli. Ciò costò a Gioacchino una pubblica offesa: “Non ti è lecito stare in mezzo a quelli che presentano sacrifici a Dio – gli fu detto un giorno nel Tempio –, poiché Iddio, non concedendoti prole, non ti ha benedetto”. Così Gioacchino, umiliato e triste, abbandonò la moglie e si ritirò nel deserto. Anna si disperò e invocò l’aiuto del Signore. Dio l’ascoltò e le inviò un Angelo: “Non temere, Anna [...], ciò che nascerà da te sarà meraviglia per tutti i secoli”. Poi l’angelo andò da Gioacchino: “Sono apparso oggi a tua moglie [...]. Sappi ch’ella ha concepito una figlia dal tuo seme. Costei [...] supererà in beatitudine tutte le sante donne, così che non si potrà dire che ve ne fu mai eguale a lei”. Allora Gioacchino
tornò a casa felice. “E, quando i giorni furono compiuti, Anna si lavò della sua impurità, e diede il seno alla bambina, e le impose il nome di Maria”. Sant’Anna è la madre della Madonna, cioè la nonna di Gesù. In tal senso rappresenta la Grande Madre, la generatrice per eccellenza, poiché partorì colei che poi diede alla luce il Figlio di Dio (Dio egli stesso). È, dunque, per il Cattolicesimo, la più alta rappresentante della fecondità. Questa santa, sulla scorta d’un processo sincretico, può essere interpretata come il nuovo aspetto d’una preesistente dea pagana protettrice della fertilità della terra mater, alla quale si ricorre per auspicare il fruttuoso esito del lavoro agricolo. Quale antica dea può dirsi omologa di Sant’Anna? Si potrebbero menzionare più divinità, tra cui la sannita Amma (Ammaì kerrìiaì), la presunta “mamma con figlia affianco” della Tavola Osca. Amma parrebbe la più affine a Sant’Anna (e ciò, al di là della vicinanza grafica), ove valga l’interpretazione che classifica Ammaì quale Magna Mater, qualifica che, in unione all’epiteto kerrìiaì ne fa davvero la Grande Madre del Grano (ossia la Nonna del Grano).