«Le parole “rinuncia” e “sacrificio” sono certamente fra quelle che meno piacciono agli esseri umani, poiché essi le comprendono come sinonimi di privazione e dicono a se stessi che se si privano, moriranno. Ed è vero che moriranno: se non hanno compreso che la rinuncia serve unicamente ad accedere a regioni più elevate per ottenere qualcosa di meglio, moriranno.
Nella pratica spirituale, “rinunciare” significa trasporre un bisogno, una tendenza, un piacere, su un piano superiore. Si continua a nutrirsi, ad amare, a svolgere diverse attività, ma con elementi più puri, in vista di un obiettivo più disinteressato. La rinuncia non è quindi sinonimo di morte, ma al contrario sinonimo di vita. Chi non lo ha compreso ristagna, ed è appunto quella stagnazione a trascinarlo verso la morte. Chi invece accetta certe privazioni, trasforma un'energia bruta in un'energia più sottile, e non solo non muore, ma si arricchisce.»
Omraam Mikhaël Aïvanhov