Nella Bibbia sta scritto che il Cristo prese su di sé le reazioni peccaminose della gente e sacrificò la sua vita. Ma i cristiani hanno stabilito che Cristo debba continuare a soffrire mentre loro fanno ogni tipo di sciocchezze. Hanno fatto firmare a Gesù Cristo un contratto dove si impegna a prendere le loro reazioni peccaminose mentre essi fanno quello che vogliono. Cristo fu così misericordioso da prendere su di Sé tutti i loro peccati ma questo non li induce a non commetterne più. (tratto da: Incontri con il Maestro spirituale, di A. C. Bhaktivenanda Swami Prabhupada).
Gesù di Nazareth e il Signore Cristo
Penso che il personaggio più discusso negli ultimi 2000 anni sia Gesù di Nazareth, detto il Cristo. Ciò malgrado ben pochi possono dire di sentirlo familiare come "uno di casa". Ho conosciuto alcuni praticanti cristiani che, a parole, conoscevano il Cristo nei più intimi dettagli ma che, trovandosi a fronteggiare una pesante crisi, sia essa di salute, finanziaria o affettiva, non hanno saputo trovare in lui quella presenza amica quel conforto tanto declamato.
La riprova a quanto sopra la troviamo pure nel considerevole numero di persone, troppe forse, che dicono di avere pregato per anni senza aver ottenuto la grazia desiderata. Esse sono state di certo animate da buone intenzioni ma probabilmente è mancata quella fede, ovvero fiducia, che può nascere solo da un rapporto di intima conoscenza ed amicizia.
Personalmente ritengo che Gesù il Cristo sia un personaggio troppo dissimile dalle nostre comuni caratteristiche per poter essere facilmente considerato come un intimo amico. La massima "Così in alto così in basso" ci porta a comprendere quanto sia difficile un rapporto di amicizia con Lui, che non abbiamo mai conosciuto, quando vi sono già notevoli difficoltà nel considerare amica una persona che conosciamo e frequentiamo da anni.
Gesù si presenta talmente diverso, e pertanto incomprensibile, da ricordarmi i consuntivi annuali delle grandi aziende dove compaiono numeri con nove o dieci zeri e che per noi, abituati ad una ben più modesta economia, non hanno quella realtà che gli esperti invece gli attribuiscono.
Per realtà si intende infatti ciò su cui si è d'accordo. Tutto è relativo; l'essere d'accordo su una cosa significa perciò vederla nello stesso modo e ciò permette di parlarne e di scambiarsi le proprie opinioni al proposito. Tra figli e genitori manca spesso la realtà, intesa in questo senso, ed allora il rapporto si deteriora e la comunicazione si assottiglia sempre di più.
Affinché la comunicazione possa esistere, e sostenersi nel tempo, è necessario che vi sia un comune accordo sulla realtà in esame. Ciò con Gesù non accade; la sua realtà è quella di aiutare gli altri al prezzo di umiliazioni e del sacrificio cruento della sua stessa vita. La nostra realtà considera sempre con estrema cautela ogni forma di sacrificio a favore degli altri. Tempo, danaro e disponibilità vengono sempre filtrati dall'egoismo personale e le monetine che ancora vengono date nella questua domenicale illustrano assai bene questa situazione.
Chi va in chiesa alla domenica per l'incontro settimanale con il Salvatore, il grande amico di tutta l'umanità e fratello maggiore di ognuno di noi, non gli offre neppure un cappuccino con una brioche. Non si capisce bene il perché. Probabilmente il parroco non viene ritenuto un buon amministratore, o il Vaticano stesso viene citato in concorso di colpa in quanto non si decide a vendere i suoi tesori a favore dei poveri.
Resta il fatto che ad un amico il cappuccino si offre, a volte anche un pranzo. Con Gesù il Cristo questo non accade: tempo e danaro sono ben calcolati, poche lire e tre quarti d'ora settimanali sono ciò che una normale amministrazione del cristiano contempla in suo favore. Eppure quante volte ci si rivolge a lui per chiedere qualcosa e poi ci si chiede stupiti perché non si ottiene il riscontro desiderato...
Alla domenica la chiesa si riempie, a volte non vi è neppure il posto a sedere. Penso che il Cristo, dall'altare, si illuda ogni volta che siano venuti per Lui. Per offrire con Lui il grande sacrificio eucaristico in modo che esso trovi il massimo favore del Padre celeste e porti ai partecipanti prima, ed al mondo intero poi, il misericordioso perdono per le tante trasgressioni fatte contro le leggi da Lui emanate.
Tutto ciò, purtroppo, non è reale per la maggioranza delle persone. Per loro un Padre che permette al figlio Unigenito di sacrificarsi per duemila anni a favore di un popolo dalla dura cervice è fuori dai modelli abituali. La partecipazione viene allora a mancare e le persone aspettano soltanto che la Messa sia terminata per ritornare nel mondo che le aspetta con i suoi molteplici ed inderogabili impegni. E Gesù, dall'alto dell'altare, le osserva mentre si accalcano all'uscita. Ancora una volta si era illuso che venissero per stare un poco con Lui, invece no, hanno timbrato il cartellino per mettersi a posto la coscienza con il parroco o con i genitori, oppure con se stessi, e se ne vanno in perfetta buona fede.
Pochi veramente conoscono chi è, e cosa fa', Gesù il Cristo. Notate che non uso il solito tempo passato "chi era e che cosa ha fatto" ma il presente, perché Gesù il Cristo non è un personaggio dei tempi lontani ma una presenza viva e attuale. Vediamo di tracciare un breve profilo di questo grande Maestro e dello scopo della sua missione.
Il nostro pianeta, oltre all'atmosfera fisica, che tutti possono percepire, possiede pure una atmosfera sottile che viene chiamata Mondo astrale o Mondo del desiderio, che rappresenta l'ambiente emozionale dove ognuno di noi ha un suo spazio che, pur essendo privato, non manca di interagire con tutto il circondario. Nel Mondo astrale le emozioni, i desideri e le passioni sono supportate da una sostanza/energia in continua vibrazione. Un'emozione elevata è contraddistinta da sostanza leggera ed alte vibrazioni mentre per le basse emozioni, come l'odio e l'egoismo, accade il contrario. Un'emozione nobile tenderà a portare alte vibrazioni in tutto il Mondo astrale mentre un'azione cattiva sarà sempre legata ad emozioni con basse vibrazioni capaci di abbassare, seppur di poco, le vibrazioni di tutto il Mondo astrale a svantaggio di tutta l'umanità.
La venuta del Cristo è stata necessaria perché, nel corso dei secoli, la malvagità aveva abbassato le vibrazioni del Mondo astrale al punto tale da precludere i sentimenti più nobili ed il ricongiungimento spirituale con il Padre celeste. Il Cristo, a differenza degli altri Profeti che sono stati dei terrestri molto evoluti, è uno Spirito solare che, di sua spontanea volontà, in un atto di grandissimo amore, decise di entrare in un corpo terreno onde mostrare come l'uomo stesso, comportandosi secondo certe direttive, potesse superare i travagli terreni quali il peccato, la morte e la malattia. La crocifissione del corpo di Gesù di Nazareth ha liberato lo spirito del Cristo, che era entrato in lui al battesimo. Da quel momento il Cristo è diventato lo Spirito del pianeta terra, che compenetra il pianeta e partecipa alle esperienze di vita degli innumerevoli esseri, uomini compresi, che vi nascono, vivono, soffrono, e muoiono. Narra infatti il Vangelo che alla morte del Signore il velo del tempio si è squarciato, dipingendo in modo simbolico la grande onda di luce che lo spirito del Cristo ha riversato nel Mondo astrale sollevandone le vibrazioni al punto da creare una luce accecante che arrivò persino ad oscurare quella del sole.
Da quel giorno lontano il Cristo lavora per noi
Da quel giorno lontano il Cristo si adopera costantemente per risollevare le vibrazioni della materia astrale abbassate dalle azioni cattive di ognuno di noi. Se non vi fosse la sua opera continua il Mondo astrale sarebbe presto ridotto come duemila anni fa e non vi potrebbe più essere alcuna possibilità di avanzamento spirituale. Seppur breve questo profilo del Cristo dovrebbe farci comprendere e valutare l'opera di salvezza da lui compiuta e continuamente rinnovata nei sacrifici eucaristici che vengono offerti giornalmente dai sacerdoti in ogni parte del mondo. Questo è il significato della sua grande promessa: "Io sarò sempre con voi". Per chi non conosce questa frase tende a disorientare ancora di più in quanto, per noi, riesce già difficile mantenere le promesse un giorno per l'altro. In effetti la promessa di Gesù, seppur mentalmente accettata, non può trovare in noi quella accoglienza che dovrebbe formare il terreno fecondo per le radici della vera fede. Quella fede di cui basta un granello per smuovere una montagna.
Il non comprendere questa promessa nel più profondo dei suoi molteplici significati è forse il maggior torto attribuibile all'umanità. Vuotare di significato una promessa del genere significa togliere al Cristo la possibilità di essere quel vero amico tanto decantato nei sermoni domenicali e dalla letteratura cristiana. Un vero amico deve essere con noi nei momenti più duri e difficili così come in quelli di gioia. Gesù ha promesso di essere sempre con noi, ma quanti Gli hanno offerto un momento felice affinché ne partecipasse? Quanti Gli hanno chiesto di presenziare al concepimento di un figlio o alla sua nascita? Agli esami scolastici? Al matrimonio? Al delirio di un familiare in agonia? Penso pochi, forse nessuno. Eppure la promessa è lì da leggere e rileggere. Come i consuntivi delle grandi aziende, entra negli occhi ma non arriva al cuore, è troppo diversa dalle cose abituali e resta distante, fredda e presto dimenticata.
Purtroppo questo fatto non mancherà di avere il suo riscontro. Nel Vangelo si narra di un giorno in cui si terrà un processo e Gesù, quale giudice, porrà coloro che lo hanno aiutato alla sua destra e coloro che non lo hanno fatto alla sua sinistra. Tutti noi dovremo un giorno comparire quali imputati in un processo del genere, ed allora, se accusati, ci affretteremo a dire che non abbiamo colpa alcuna perché Gesù, personalmente, non ci ha mai chiesto da mangiare, da bere o da vestire. E lui ci spiegherà che siccome non abbiamo creduto alla sua promessa non abbiamo potuto ravvisare il suo volto in quello della vicina isterica, del portinaio brontolone, del drogato seduto sui gradini della metropolitana, della prostituta all'angolo della strada, dell'assassino e del suo assassinato.
Dobbiamo capire, una volta per tutte, che Egli è presente in ognuno di noi, nei nostri genitori, nei compagni di scuola, nei colleghi di lavoro, nei familiari ed in tutti gli altri, ricchi o poveri, sani o malati, simpatici o meno. In ognuno di essi si cela il Cristo, quasi sempre piegato sotto un'ennesima sofferenza, novello Cireneo con il compito disumano di portare sulle spalle non una ma cinque miliardi di croci. La nostra crescita spirituale inizierà veramente soltanto quando cesseremo di cercare il volto del Cristo nelle opere d'arte, più o meno famose, e smetteremo di considerare Gesù alla stregua di un illustre personaggio che ha fatto il suo tempo.
"Io sono la vite e voi siete i tralci", sono sue parole, tutti noi facciamo parte del corpo di Cristo. Non si dimentichi che la parola "chiesa" all'origine indicava assemblea di gente riunita. Noi, tutti insieme, siamo il corpo del Cristo e Lui soffre e gioisce con noi in ogni istante della nostra vita. Questo è il fatto più importante da comprendere pienamente. Egli è con noi ma, quale essere spirituale, manca delle mani fisiche per poter sorreggere i deboli, manca della parola fisica per portare un messaggio di speranza e di conforto. Dobbiamo essere noi che Gli offriamo le nostre mani affinché possa sostenere i nostri simili, e la nostra parola affinché possa pronunciare messaggi di conforto e di speranza.
In una predica sentii un messaggio che mi rimase impresso profondamente: "È inutile, disse il padre, che vi affannate a correggere i vostri errori, siete troppo deboli... Fate invece crescere il Cristo in voi e quando sarà cresciuto a sufficienza da prendere il controllo della vostra vita tutti i vostri errori saranno eliminati".
Noi dovremmo consacrare al Cristo tutti noi stessi, giorno dopo giorno, al mattino, appena alzati dovremmo alzare le braccia al cielo e dire: "Grazie, o Signore, della notte che mi hai concessa, ti offro queste mie mani, queste mie labbra, questa mia mente e questo mio cuore affinché tu li possa usare come strumenti di pace".
Ciò è tutt'altro che reale per la comune mentalità. Ecco perché il "fenomeno Cristo" non può essere capito, supera le nostre possibilità di comprensione così come la grandezza dell'universo, o la coscienza infinita di Dio. Belle parole ma non entrano, non riescono a generare in noi nessuna emozione e ben sappiamo come la molla per ogni nostra azione trae l'origine da una istanza emotiva.
Non per nulla la parola emozione significa mettere in movimento. Questo è il lato tragico della cosa, pochi sentono la viva e reale presenza del Cristo al punto di provare un'emozione. Questo comporta assenza di movimento, passività e poco interesse: ecco spiegato il motivo del poco calore del cristiano praticante e di tanti ministri di Dio che si affannano a far perseguire agli altri quegli ideali che loro stessi non riescono a realizzare.
Eppure il Cristo c'è e lavora per noi. Egli è dentro il nostro cuore ed aspetta null'altro che noi, novelle madri, lo facciamo crescere alla giusta statura. Egli ha voluto nascere in una mangiatoia per dimostrare che anche il cuore più meschino può offrirgli una dimora. Ha scelto di avere un traditore su 12 per mostrarci che anche per i traditori vi è un posto presso di lui. Ha frequentato i relitti umani ed è stato crocifisso tra due ladroni affinché anche i più emarginati possano aspirare ad un posto al suo fianco.
Tutto ciò è quanto coloro che si rivolgono ad altre religioni non hanno compreso nell'intimo del loro cuore. Chi vede nel Budda la perfezione e la compostezza, e nell'induismo la cultura profonda, non valuta che nella compostezza del buddismo non vi è spazio per il deliquio di un drogato e nella sapienza dell'india non può trovarsi a suo agio il deficiente o l'analfabeta. È solo nel cristianesimo che vi è un posto per tutti, Gesù lo ha ampiamente dimostrato con le sue opere e lo ha insegnato con le sue parole.
Il cristiano vero dovrebbe sentirsi cittadino del mondo; i confini sociali o razziali dovrebbero essere da lui completamente superati dalla comprensione, l'accettazione e l'amore.
Con il cristianesimo cessa l'usanza di sacrificare ciò che si possiede ed inizia l'offerta di noi stessi, del nostro tempo e del nostro operato. Sull'esempio del Cristo nasce il servizio, compaiono i missionari, che prima costruiscono un ospedale e poi la chiesa. Nelle altre religioni ciò non accade, i maestri orientali in occidente creano scuole di pensiero non centri per aiutare i deboli e gli ammalati. Il cristianesimo è una religione attiva, non si è mai letto che il Cristo se ne stesse seduto ore ed ore a meditare; una breve preghiera e via a lavorare, "alzati e cammina" è il suo comando, "andate, guarite e predicate" è il suo volere.
Eppure queste parole, come tante altre, non suoneranno reali ad alcuni di noi. Siamo troppo affannati a trovare prove sensibili a quanto ci viene proposto per accettare le promesse del Cristo almeno come ipotesi di lavoro. Alla fine la mancanza di prove farà nascere in noi un ennesimo alibi cosicché la comoda poltrona non manchi del nostro consueto appuntamento ed il conto in banca non corra rischi ulteriori.
Chi ha mai pensato che le scarpe che tiene nell'armadio sono le scarpe di chi non ne possiede, e che i soldi che tiene in banca sono i denari di chi non può comprarsi del cibo? Sono pensieri duri ma anche il Cristo non ha la vita facile... Ci rendiamo conto di quante premure vengono offerte ad una persona sofferente e che poca comprensione si ha per il Cristo che da 2000 anni soffre in croce per tutta l'umanità? Ci rendiamo conto che nella persona che trattiamo duramente c'è il Cristo che subisce la nostra violenza?
Si rendono conto i medici che nei loro malati vi è il Cristo che soffre e forse porta anche un poco di quella croce che a loro compete? Non abbiamo mai pensato che il Cristo è coscienza planetaria e ciò significa che soffre l'umiliazione della prostituta, le percosse del violento, le ingiustizie dei ricchi e la miseria dei poveri? Tutto ciò non è reale, vero? È fuori dalla nostra portata. Noi, se abbiamo il raffreddore siamo già sofferenti e piagnucolosi, potremo mai capire chi soffre tutte le sofferenze dell'umanità, di giorno e di notte, senza tregua né respiro?
Questo è la tragedia, non lo possiamo comprendere. È troppo diverso da noi, è un fenomeno irreale e anche chi si dice convinto non suffraga con la sua vita la sua posizione meramente intellettuale. A questo punto qualcuno potrà dire: "E allora? Non possiamo certo essere tutti quanti come madre Teresa di Calcutta!". Ciò è vero ma è anche vero che tutti noi siamo al centro di un nucleo sociale e che possiamo aiutare e servire il Cristo senza neppure allontanarci da casa nostra.
Questo è il fatto importante. Quando faremo il proponimento di osservare coloro che ci circondano ripetendo in noi: "Ecco in questa persona vi è il Cristo", allora inizieremo ad essere consapevoli che l'ingiuria proferita, la violenza fatta, o la pigra omissione non sono un fatto meramente personale ma una ennesima sofferenza del Cristo ed un'influenza negativa che si ripercuote su tutta l'umanità. Meditiamo attentamente su quanto esposto e rendiamoci conto della enorme responsabilità di ogni nostra azione. Considereremo allora ogni nostro simile come un tempio, più o meno disastrato, dove il Cristo sofferente si aspetta da noi amorevole comprensione e massima disponibilità.
Sta scritto nell'Apocalisse: "Io sono fuori della porta e aspetto... Se mi farai entrare starò a cena con te". Dovrà aspettare ancora per molto?.