Nome del promontorio che sorgeva al di sopra dell'Acropoli di Atene, in cui teneva le sue sedute il più antico consiglio della città. Successivamente designò la suprema corte di giustizia degli ateniesi, che avrebbe derivato il proprio nome da quello del dio Ares (Areios), il latino Marte e dal monte (in greco pagos) su cui sorgeva quel tribunale. Aveva poteri giudiziari, religiosi e politici, occupandosi soprattutto del giudizio di omicidi premeditati, della stretta sorveglianza delle pratiche dei culti e dell'osservanza della moralità pubblica e privata. Il giudizio vi veniva espresso dai giudici, dopo il dibattimento tra accusa e difesa, a mezzo di pietruzze (o dischetti), di colore bianco per l'assoluzione e nero per la condanna. Le bianche erano deposte in un'urna di rame e le nere in una di legno. Dal loro computo derivava la sentenza. La carica di giudice era elettiva, ed era aperta sia agli ateniesi che agli stranieri. Prima di avviare il dibattito della causa, si offrivano sacrifici agli dei, sui quali prestavano giuramento accusato ed accusatore. Durante la dominazione romana l'Areopago aveva anche compiti di polizia e di sorveglianza sull'educazione dei giovani.