Attrezzo da taglio simile alla scure ma più piccolo, impiegato per il taglio di legname, caratterizzato da un corto manico di legno e da un tagliante a forma lunata. Strumento antichissimo, già nel Neolitico se ne trovano esempi di pietra verde o di calcare selcioso, scheggiati o levigati, che in alcuni casi presentano un foro per il fissaggio del manico. Con l’era dei metalli l’ascia di pietra diventa più piccola, ed assume carattere di amuleto, mentre per il lavoro si usa un’ascia di metallo, dapprima piatta e poi con i margini rialzati. Nell’età del ferro subentra l’ascia a cannone, con un incavo nella testa per farvi passare il manico. All’ascia semplice o doppia, detta bipenne, nel mondo mediterraneo e fin dall’età preistorica è stato attribuito un significato simbolico. Creta è forse uno dei luoghi in cui la si ritrova più frequentemente fra i simboli religiosi, specie quella bipenne. Costruita in oro, argento, bronzo o pietra, rappresentava la divinità e la sua presenza, soprattutto il fulmine ed il dio che lo scaglia. In età classica l’ascia sopravvive nel culto nel culto di Dioniso a Tenedo, e nei sacrifici delle Dipolie celebrati in onore di Zeus Polieo, sull’Acropoli di Atene. Presso gli Etruschi l’ascia bipenne inserita in un fascio di verghe (come quella trovata nella tomba detta del Littore a Vetulonia) volle significare, oltre alla forza del dio folgorante, l’autorità suprema del nume depositario della giustizia che regola e punisce. Tale concetto passò dall’Etruria a Roma, dove il simbolo del fascio littorio (in cui però l’ascia bipenne venne sostituita dalla scure), espresse la santità del vincolo sociale tutelato dalla legge. Per tutta l’epoca romana l’ascia bipenne fu comunque l’arma tipica impiegata nei sacrifici di tori e di altri animali ed in tale veste la si trova rappresentata in scene sacrificali di vari monumenti onorari. Nel Medioevo l’ascia venne anche adottata per gli scontri nei tornei cavallereschi, ordalia compresa. Infine il fascio littorio venne adottato quale simbolo del Fascismo, che da esso prese il nome.