Termine derivato dal greco azumoz, senza lievito, pane non fermentato. Nell’Antico Testamento l’accenno al pane Azzimo esprime una situazione di fretta precipitosa, quale si realizzò per gli Ebrei all’atto della loro fuga dall’Egitto: "Il popolo portò con sé la pasta prima che fosse lievitata; essi avevano sulle spalle le loro madie avvolte nei mantelli" (Esodo 12, 34). In memoria di quest’evento nella legge mosaica è stabilito che l’obbligo di mangiare Azzimo per giorni, a partire dalla sera della vigilia di Pasqua: "Osservate gli Azzimi, perché in questo stesso giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dal paese d’Egitto" (Esodo 12, 17). Donde il nome di "Pasqua degli Azzimi", per indicare la maggior festa religiosa degli Ebrei. La questione se Gesù abbia usato pane Azzimo nell’ultima cena (la cosa è accennata da tre vangeli sinottici ma ignorata da Giovanni) diede origina nell’XI secolo alla lunga "Controversia degli Azzimi" fra la Chiesa greca e la Chiesa di Roma. Il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, nel 1053 contestò la validità della consacrazione del pane Azzimo, considerata un residuo del giudaismo. La polemica, inasprita da motivo politici, fu conclusa dai Concili di Lione (1274) e di Firenze (1439), in cui fu sancita la validità della consacrazione sia lievitato che Azzimo. Attualmente il pane fermentato è usato dai cristiani orientali, con l’eccezione di Armeni, Maroniti e Malabaresi, mentre per tutti i riti occidentali è prescritto il pane Azzimo.